Poche strategie contro il dolore

Solo undici ospedali italiani dispongono di unità antalgiche specialistiche e manca l’assistenza domiciliare

Il dolore, questo nemico che ci assale all’improvviso e ci toglie la gioia di vivere. Tutti, o quasi, l’hanno subito. Pochi hanno tentato - e tentano tuttora - di sconfiggerlo. Il professor Giustino Varrassi, cattedratico nell’Università dell’Aquila e presidente dell’Associazione italiana per lo studio del dolore, nata nel 1976, sostiene che questa maledizione colpisce almeno trenta italiani su cento, il più delle volte in forma cronica.
«Purtroppo - dice - non riceve l’attenzione che merita. L’attuale ministro della Salute, Livia Turco, sembra pronta a interventi lungamente rinviati e per questo ha nominato una commissione di studio sul problema», già attiva. Varrassi parla apertamente di «disattenzione» del mondo scientifico (di una parte, almeno, di questo mondo) e di un equivoco plurisecolare. «Non si tratta d’una fatalità - spiega - ma di un fatto patologico, che si può e si deve combattere». L’Italia, aggiunge, ha molti primati nella ricerca clinica ma ha ottenuto pochi risultati sul piano pratico, pur avendo avuto maestri come Tiengo, Procacci, Ventafridda, autentici pionieri della terapia del dolore. Mancano inoltre gli «specialisti». In undici ospedali italiani sono stati creati e funzionano con puntualità «centri per la medicina del dolore»; ma sono insufficienti. L’associazione presieduta da Varrassi propone da anni di istituirne uno in tutti gli ospedali che abbiano almeno 400 posti-letto.
Ci vorrebbero però anche medici specializzati capaci di curare un paziente «a domicilio»: liberi professionisti che operino sul territorio.
Alcuni farmaci antidolorifici (per esempio i Cox 2) sono rimborsabili. Altri, per esempio quelli contro il dolore neuropatico, non lo sono. Sul piano terapeutico molte speranze sono riposte su un principio attivo derivato dal veleno di un mollusco marino. Le sperimentazioni cliniche sono già in corso all’ospedale San Raffaele di Milano, accompagnate da un certo ottimismo.
In un volume di grande interesse («Un viaggio di trent’anni», edizioni Cic) il professor Varrassi racconta le speranze e le vittorie dell’Associazione italiana per lo studio del dolore attraverso il ricordo di coloro che l’hanno voluta e sostenuta.

Il primo trattato italiano di anestesia risale al 1935 e porta la firma del professor Dogliotti, cattedrattico a Torino. Purtroppo, però, l’Italia resta tra gli ultimi Paesi in Europa per il numero di Centri ospedalieri di Medina del dolore.

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