La politica angustia i vescovi: «Oscurati i problemi del Paese»

I vescovi italiani sono «angustiati» per il clima politico italiano. Lo ha detto ieri il cardinale Angelo Bagnasco, aprendo a Roma i lavori del Consiglio permanente della Cei, con un riferimento alle polemiche di questi mesi tra Pdl e finiani. «Anche a noi - ha detto - è capitato di vivere, nell’ultimo periodo, momenti di sconcerto e di acuta pena per le discordie personali, che diventando presto pubbliche, sono andate assumendo il contorno di conflitti apparentemente insanabili», bloccando «i pensieri di un’intera nazione». In troppi «si accontentano di piccole porzioni di verità, assolutizzate e urlate», e della «denigrazione vicendevole», con l’effetto di «declassare i problemi reali» del Paese. Bagnasco critica anche la «drammatizzazione mediatica» che rappresenta un Paese «ciclicamente depresso» e invita a essere capaci «della giusta autostima».
Ma la sferzata forse più dura presente nella prolusione è quella sulle riforme mancate: «La nostra amata Italia, su alcuni fronti, sembra tornare sempre al punto di partenza». Da decenni si parla di riforme ma, quando «saranno varate»? Il presidente della Cei auspica, a questo proposito, che si avviino «meccanismi di coinvolgimento e partecipazione non fittizi». Lo sguardo non è rivolto soltanto la politica in senso stretto. Un passaggio sembra ad esempio voler dare man forte alle posizioni della Cisl sul mercato del lavoro, quando afferma che «le sfide derivanti dalla globalizzazione impongono una quota di flessibilità e di adattabilità, che non può essere artificiosamente ostacolata, ma neppure strumentalmente usata per indebolire la dignità di chi lavora».
Bisogna ripartire, e «far presto», mettendo da parte «i personalismi». «Se non si accoglie integralmente la vita - dice Bagnasco - se si rinviano senza giusto motivo scadenze di ordinamento, se si contribuisce ad apparati ridondanti, se si lasciano in vigore norme non solo superate ma dannose, se si eludono con malizia i sistemi di controllo, se si falcidia con mezzi impropri il concorrente, se non si pagano le tasse, se si disprezza il merito... si cade nell’ingiustizia». Il cardinale, dopo aver sottolineato come «sprechi e lusso ostentato» siano meno tollerabili in tempi di crisi, e serva contegno quando si ricoprono «incarichi di visibilità», rilancia il «sogno» di una nuova presenza dei cattolici in politica, chiedendo loro «di buttarsi nell’agone» e di «investire il loro patrimonio di credibilità, per rendere più credibile tutta la politica». Bagnasco è molto attento a non schierarsi, a rimanere al centro, e indica come obiettivo dei cattolici in politica «il bene comune». Questa è, spiega, la «bandiera che si serve». È la risposta alla domanda su dove siano e come si pongano i cattolici in questo momento della vita del Paese. Ma il presidente Cei, citando i «valori non negoziabili» e le emergenze etiche, non rinchiude i cattolici in un recinto. Spiega invece che, in questo campo, la Chiesa suggerisce valutazioni attingendo «al patrimonio comune dell’umanità», alla morale naturale.
Non mancano, nella prolusione, un appello alle banche, perché facciano il possibile nel finanziare le imprese; la richiesta attenzione per i lavoratori disoccupati, in mobilità o licenziati; il riconoscimento delle «novità importanti» introdotte nell’università e nella scuola, da accompagnare però a «una concreta libertà di educazione da parte delle famiglie»; la piaga della malasanità e delle mafie che attanagliano il Meridione; l’allarme per le minacce di stampo razzista di cui sono oggetto alcuni gruppi sociali e la richiesta di affrontare a livello europeo la questione Rom.

Un passaggio ampio è dedicato al federalismo, definito una riforma «irreversibile», che aumenta «lo spessore delle responsabilità» locali e che «non deraglierà» solo se incardinata «in un forte senso di unità e indivisibilità della nazione». Federalismo «solidale», da applicare «con una concomitante riforma fiscale» che aiuti davvero le famiglie.

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