Il Financial Times ha sottolineato in un recente editoriale che con l'aumento dei tassi deciso dalla Banca centrale europea l'Italia e il suo debito pubblico possono diventare l'anello debole dell'Europa di fronte al rischio di una spirale recessiva unita a una crescita delle mosse restrittive dell'Eurotower. Il prestigioso quotidiano di Londra non indica in Giorgia Meloni e nel suo governo una possibile causa di una spirale di crisi sul debito e riconosce che "il premier sta tentando di seguire un percorso di rettitudine fiscale. Ha previsto che il deficit fiscale del paese scenda dal 5,6% del PIL nel 2022 al 4,5% nel 2023 e al 3% l'anno successivo". Ma al contempo nota preoccupato che "il debito pubblico italiano rimane uno dei più alti in Europa a poco più del 145 per cento del prodotto interno lordo" e, al contempo, "i costi di finanziamento di Roma sono aumentati bruscamente da quando la Bce ha iniziato ad aumentare i tassi di interesse la scorsa estate. Il rendimento delle obbligazioni a 10 anni è salito sopra il 4,6% la scorsa settimana, quasi il quadruplo del livello di un anno fa e 2,1 punti percentuali al di sopra del rendimento equivalente delle obbligazioni tedesche".
Un problema indubbio potrebbe ritrovare tra le sue determinanti, però, un fattore frenante. La parola chiave, in questo caso, è inflazione. La Bce, in altre parole, sta aumentando i tassi presa dalla frenesia di seguire la Federal Reserve sul contenimento dell'inflazione. L'Europa, però, come noto non ha una dinamica inflattiva paragonabile a quella degli Usa, ove i rincari di prezzo erano legati a un'inflazione da surriscaldamento della domanda governabile per via monetaria. In Ue Christine Lagarde e i suoi stanno applicando la classica logica da manuale universitario a un problema ben più complesso fatto di determinanti dell'inflazione esogene e legate ai costi energetici.
In un'Europa fiaccata dal fardello del debito antipandemico i tassi vanno su, i rendimenti dell'Europa mediterranea salgono e la recessione incombe senza che l'inflazione rientri. Ma su questo fronte si può incuneare la politica italiana. Lo aveva capito a novembre un attento commentatore come Giuseppe Liturri su StartMag riconoscendo da un lato come l'Italia, sia con Mario Draghi che con Giorgia Meloni, abbia fatto bene a chiedere alla Bce chiarezza nel timing delle decisioni e affermando dall'altro che di fronte a un mix di politiche subottimali un fattore di fragilità come l'alta inflazione può favorire i debitori più in difficoltà. L'inflazione, notava Liturri, aiuta a "sostenere la crescita nominale del Pil perché va infatti sottolineato che i parametri del debito del Trattato di Maastricht – cioè il rapporto deficit/Pil ed il rapporto debito/Pil – vanno tutti calcolati utilizzando il PIL al lordo dell’inflazione, quello nominale appunto". Le stime economiche di autunno sulla crescita del 2023 lo testimoniano: "Per il 2023, si osserva che a fronte di un repentino calo della crescita reale dal 2,8% al 0,6%, la crescita nominale non arretra affatto anzi aumenta dal 4,3% al 4,8%. Tutto merito del deflatore del PIL che passa dal 1,5% al 4,1% dell’ultima previsione". Al contempo, più inflazione vuol dire più gettito nominale Iva per l'erario in un contesto che, chiaramente, vede i consumatori alla base tra i maggiori danneggiati da questo processo. Ma sul fronte macroeconomico, parafrasando San Paolo, l'Italia è forte, cioè pronta a resistere alla tempesta evocata dal Ft, perché debole, cioé molto indebitata in un contesto ad alta inflazione.
Il combinato disposto tra alta inflazione, tassi nominali di crescita costanti e moderazione di bilancio può insomma supplire, assieme al coinvolgimento dei risparmiatori privati, a una possibile crisi debitoria. L'aumento dei rendimenti netti in tutta Europa poi aiuta a tenere sotto controllo lo spread, parametro "politico" per eccellenza prima ancora che strumento tecnico, in quanto, nota Liturri, anche il rischio-Paese misurato dalla crescita dei Bund tedeschi è in crescita (decennale al 2,5%) essendo "saltato per aria (nel vero senso della parola) il modello tedesco – bassa inflazione, moderazione salariale, compressione della domanda interna ed export trainante".
Il sostegno ai redditi e ai consumi interni può contribuire a compensare i problemi strutturali del Paese Italia, a resistere alla buriana della Bce e a mostrare all'Europa che un altro modello è possibile e l'Italia è too big to fail non solo per il suo peso economico ma anche per la sua plasticità di fronte alle crisi. E di questo anche la Bce, che si trova ad affrontare un contesto di rendimenti di titoli crescenti in tutta Europa, dovrà esser ben presente prima di evidenziare un presunto "problema Italia".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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