Quelle suore pasticciere con le mani in pasta in loschi affari…

Quelle  suore pasticciere  con le mani in pasta in loschi affari…
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Lode a Suor Ristoratrice. Ma, pur con tutto il rispetto cristiano comunità dovuto all’abito, i giudici spagnoli hanno deciso di vederci chiaro sui soldi che girano attorno a quel pio ristorante-pasticceria gestito a Belorado (in Castilla y Leon) dalle Hermanas Clarisas: sante donne che con le loro mani impastano squisitezze, ma che quei miscredenti di magistrati sospettano di avere le mani in pasta pure in affari loschi. Purtroppo per loro, le monache sotto inchiesta non hanno nemmeno santi in paradiso da quando - causa scismatica - sono fuori dalla “protezione” della Chiesa cattolica. Figurarsi che le poverette hanno anche dovuto faticare non poco, pellegrinando da un ufficio all’altro, per ottenere la licenza che ha consentito loro l’apertura del primo “ristorante di clausura” ad Arriondas, nelle Asturie, su una delle rotte più battute dal turismo religioso.
Come annunciato dalle stesse suore su X (mica sull’edizione iberica di “Famiglia Cristiana”…) dove ringraziano per "il sostegno ricevuto da parte degli asturiani durante le intense giornate dei preparativi", nelle quali hanno ricevuto già decine di prenotazioni. Ma ecco che a rompere le uova nel paniere e’arrivata la Procura che indaga sulla possibile “origine fraudolenta“ del denaro col quale l'ex badessa del convento, Laura Garcia de Viedma, ha annunciato l'acquisto di un terreno e l'affitto del ristorante clausura (ma aperto a tutti 7 giorni su 7). In particolare, la guardia civile indaga sulla vendita di 1,73 kg di lingotti d'oro per 130.000 euro, denunciata dall'arcivescovado di Burgos, secondo cui l'oro fa parte dei beni appartenenti alla comunità religiosa gestita dall'autorità dipendente dal Vaticano.

Attualmente, secondo quanto anticipato dal quotidiano locale “Diario de Burgos”, il tribunale a disposto lo sfratto esecutivo dal locale e ha aperto un fascicolo per accertare la provenienza dei lingotti. Il tesoro “puzza” più di un Roscon de Reyes andato a male e, non a caso, agli atti risulta dell’inchiesta risultano 7 fatture di compravendita del metallo prezioso, fra luglio e agosto 2020, per un valore superiore ai 250.000 euro. Da parte loro, le ex monache si difendono sostenendo di aver venduto depositi in vari fondi di investimento e bancari, per acquistare oro come bene non deprezzabile. E che ora avrebbero venduto per mettere in piedi il business del ristorante.

I giudici non si fidano e scavano nel terreno appena acquistato dalle clarisse. Del resto la cronaca internazionale è zeppa di casi di cronaca in cui le monache non sempre sono dalla parte del bene. Per averne la riprova basterebbe leggere l’avvincente libro “La lunga notte di Vicarello. Cronaca della più lunga rapina con ostaggi d'Italia” (Editore Jaba) scritto dalla firma del Giornale, Manila Alfano.

Vittorio Feltri recensendo il volume ha rievocato un passaggio-chiave del storia: “(…) Come se non bastasse i carabinieri fanno arrivare in elicottero una suora ex numero due di René Vallanzasca, che - a quanto pare - invece di convincere i due briganti ad arrendersi, impugnando il rosario, gioca a fare l'amica del giaguaro in nome dell'antica militanza (…)”. La monaca in questione non apparteneva all’ordine delle Hermanas Clarisas, ma a quello italianissimo delle Dame del Bel Rene’.

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