
Freeloaders, freeriders, gente che viaggia senza pagare, scrocconi, parassiti. Nelle ultime settimane della Casa Bianca sono stati i termini più usati a proposito di Europa ed europei. Toni duri che si aggiungono all'atteggiamento non esattamente amichevole a proposito di Groenlandia (qui nel mirino ci sono i groenlandesi e i danesi), del Canada o di Panama. Senza dimenticare i «modi spicci» usati nel recente colloquio con il malcapitato Volodymyr Zelensky.
L'approccio muscolare della nuova amministrazione Usa sembra seguire il principio teorizzato da Nicolò Machiavelli in base al quale per chi vuole comandare è preferibile essere temuto piuttosto che amato. Però, c'è un però. In un articolo di un paio di giorni fa sul Washington Post Joseph Nye, celebrato politologo Usa, ha avvertito che la nuova amministrazione si è giocata in pochi mesi una fetta rilevante di un capitale che per gli Usa si va drammaticamente riducendo, quello del «soft power».
Nye, decano della Harvard Kennedy School, è considerato il teorico del soft power, concetto ormai entrato nei manuali di scienze politiche. Perchè un Paese abbia potere, dice Nye, servono il bastone e la carota (si potrebbe dire: un buon esercito e tanti soldi) ma può essere altrettanto utile, e se si guarda ai tempi lunghi molto più utile, la capacità di attrazione rappresentata dai valori, dalla cultura, dalle istituzioni politiche e civili. È una delle differenze fondamentali che ci sono sempre state negli anni della guerra fredda tra Unione Sovietica e Stati Uniti: i giovani di tutto il mondo rincorrevano il sogno americano, nessuno quello sovietico. Oggi lo stesso discorso vale per la Cina e il grande rivale Usa. Un qualsiasi e brillante ricercatore preferirà lavorare in California piuttosto che dalle parti di Pechino. Non solo per i soldi, ormai abbondanti anche in Cina, ma per valori e stile di vita.
Eppure, dice Nye, «gli americani negli ultimi tempi si sono così tanto preoccupati del problema di chi viaggia gratis, che sembrano aver dimenticato quanto sia conveniente per gli Stati Uniti guidare l'autobus». Così il ruolo di guida morale si è trasformato in qualche cosa di diverso. Con risultati, però, per il momento tutt'altro che soddisfacenti.
Il più fedele alleato della vecchia America, il Canada, si è trasformato in un covo anti-Usa con tanto di boicottaggio di merci e vacanze e la resurrezione del partito liberale anti-Trump, distaccato di 20 punti dai conservatori e ora possibile vincitore al prossimo voto politico. In Europa è successa la stessa cosa: l'anti-americanismo, molto più diffuso in altri tempi, è tornato a fare breccia in insospettabili fasce di popolazione. A pagare il prezzo più alto è stato il «povero» Elon Musk che negli ultimi due mesi a visto dimezzare le vendite nel Vecchio Continente.
La legge del soft power sembra contare perfino nel campo dedei flussi finanziari globali. Berry Eichengreen, docente all'Università di California, tra i massimi studiosi del ruolo del dollaro nel sistema economico internazionale («The exorbitant privilege»è il suo libro più famoso) ha scritto sul Financial Times che la funzione di riserva del biglietto verde dipende non solo da fattori hard come la percentuale del commercio Usa sull'interscambio globale o la profondità e liquidità dei mercati finanziari, ma è legata anche a fattori meno tangibili («soft», appunto).
Di che cosa si tratta? «Il destino del dollaro», dice Nye, «si giocherà sulla volontà dei leader americani di mantenere lo Stato di diritto, di rispettare la separazione dei poteri e di onorare gli impegni assunti dagli Stati Uniti nei confronti dei partner stranieri». Chissà se Trump è disposto ad ascoltarlo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.