La scommessa di Sanchez e la prova di Vox: la sfida in Spagna alle elezioni europee

La Spagna vede come sempre un'accentuata polarizzazione e una spaccatura quasi a metà tra destra e sinistra. I socialisti appaiono saldamente al primo posto, ma il Paese non trova una vera stabilità

La scommessa di Sanchez e la prova di Vox: la sfida in Spagna alle elezioni europee
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La Spagna si avvicina a queste elezioni europee con una delle opinione pubbliche più polarizzare d'Europa. Il primo ministro Pedro Sanchez, leader del Partito socialista, arriva al voto dopo avere superato la tempesta delle "quasi dimissioni", il voto in Catalogna e nei Paesi Baschi e dopo avere approvato la legge sulla amnistia per i reati legati al referendum secessionista catalano.

Un 2024 turbolento per il primo ministro che, secondo gli ultimi sondaggi potrebbe però avere ancora un certo margine per essere il leader del partito più votato. Le inchieste danno infatti il Psoe in leggero vantaggio sul Partito popolare. E se Pp e la destra radicale di Vox, uniti, rappresentano un numero superiore di voti rispetto a Psoe e la sinistra di Sumar, quello che conta, in questo voto, è soprattutto la capacità di Sanchez di non ridurre i numeri della sua leadership. E il premier iberico, come ha già dimostrato in questo ultimo anno solare, riesce spesso a tirare fuori il coniglio dal cilindro, avendo evidenziato più volte una chiara capacità di sopravvivenza politica e anche un formidabile tatticismo. Lo stesso che gli ha permesso di vincere le scorse legislative provocando una crisi di governo.

A destra, la situazione appare molto chiara. I popolari sono senza alcun dubbio il primo partito del blocco conservatore, con una forbice di voti che si aggira tra il 27 e il 30 percento. Mentre il secondo partito è inevitabilmente Vox di Santiago Abascal, che dopo la brusca frenata alle ultime elezioni parlamentari, punta alle europee per rafforzare il proprio peso all'interno del quadro politico spagnolo. L'obiettivo di Vox è essere di nuovo il terzo partito iberico dopo Psoe e Pp. E per il centrodestra, è ormai chiaro che l'esperienza dei popolari in solitaria rischia di essere un retaggio del passato.

A questi due blocchi, si aggiunge la parte minoritaria, ma estremamente significativa, dei movimenti indipendentisti. In particolare quelli baschi e catalani. Tre di loro si sono uniti in unico blocco elettorale, Ahora Republicas, che mette insieme i baschi di Bildu, i catalani di Erc e i galiziani del Bng. Mentre altri partiti, come Junts di Carles Puigdemont, si muovono in autonomia. La speranza di questi partiti è quella di portare la loro voce nel parlamento europeo. Ma anche in questo caso, gioca molto il peso che questi movimenti possono dimostrare di avere in chiave interna, anche per premere su un Sanchez che ha assoluta necessità di numeri per governare. E che per avere una maggioranza così eterogena e risicata è stato costretto a cedere su diversi punti proprio con i partiti indipendentisti.

In ogni caso, quello che appare dai sondaggi è una Spagna ancora una volta divisa praticamente a metà, in cui sembra molto difficile scardinare questo equilibrismo ma anche superare il pericolo di una polarizzazione su qualsiasi tema.

Dall'indipendentismo alla monarchia, dalle questioni di genere alla memoria storica, dal rapporto con Israele a quello con il fronte palestinese (con Sanchez che ha riconosciuto da poco lo Stato di Palestina), il Paese sembra diviso (e in modo netto) su tutto. E le elezioni europee, per quanto non decisive sull'esecutivo, potrebbero essere l'ennesimo termometro di una Spagna che fatica a dirigersi verso una solida maggioranza elettorale.

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