Molti spunti d’interesse, come è ovvio che sia, pervengono dal saggio scritto dal capo della Cia - prima agenzia di spionaggio del mondo, non per storia ma per portata operativa - William Burns. Pubblicato da Foreign Affairs con il sottotitolo "Trasformare la Cia per un'era di competizione".
Nonostante i tempi della Guerra Fredda e della "polarizzazione" dei blocchi siano passati, come passate sono le tecniche di spionaggio, i mezzi e gli uomini che appartenevano a quei tempi, possiamo apprendere senza stupore come non si possa affatto considerare “passata” l'era della competizione nello scacchiare globale; che vede, come è noto, potenze in ascesa e potenze dormienti interconnesse a più livelli da alleanze, rapporti economici, interessi e strategie, mentre nei teatri di eterna frizione come il Medio Oriente rischiano di innescarsi crisi di portata mondiale, e le guerre ibride giungono alla culminazione nei conflitti "convenzionali" e acuiscono il confronto silenzioso e intrecciato sul quale si basa il labile quanto mutevole "equilibrio" mondiale.
In questo scenario, gli Stati Uniti si "trovano ad affrontare uno di quei rari momenti, tanto consequenziali quanto l’alba della Guerra Fredda o il periodo successivo all’11 settembre", scrive Burns citando l’attuale inquilino della Casa Bianca, il presidente Joe Biden che si appresta a correre alle presidenziali del 2024 come rappresentante del Partito Democratico.
Già nell’introduzione il lettore non può fare a meno di pensare indirettamente all'importanza della continuità nella governance statunitense che, secondo molti osservatori, è soggetta a una sorta di “dualismo” che spesse volte vede l'amministrazione e l'agenzia portare avanti idee apparentemente divergenti e difficilmente conciliabili sul campo.
Rimandando al possibile avvento della nuova amministrazione Trump che sta già sobillando i bookmaker e potrebbe contrastare molte ferme convinzioni dell’intelligence: a partire dal sostegno senza limite di tempo a Kiev.
Accanto a Kiev fino alla "fine"
"Per gli Stati Uniti abbandonare il conflitto in Ucraina in questo momento cruciale e tagliare il sostegno a Kiev sarebbe un autogol di proporzioni storiche". Questa l'idea cardine del saggio di Burns, che vale anche come “risposta” al timore diffuso che gli americani intendano sganciarsi dal sostegno militare ed economico che di fatto sta controbilanciando il conflitto ucraino da due anni; anche adesso che il Cremlino sembra essere favorito sul campo di battaglia grazia alla sua strategia del “tempo”. La stretta connessione con le altri scenari viene argomentata in seguito.
Su Vladimir Putin il capo della Cia spende parole che suonano scelte “appositamente” per tratteggiare un avversario tornato dal passato: "Ho trascorso gran parte degli ultimi due decenni cercando di comprendere la combinazione infiammabile di risentimento, ambizione e insicurezza che il presidente russo Vladimir Putin incarna", scrive Burns, che considera conclusa l’era post-Guerra Fredda da quando la Federazione Russa ha deciso di invadere l’Ucraina nel febbraio 2022; un’operazione che la Cia aveva annunciato per tempo ai partner dell'Alleanza Atlantica senza perdere occasione di “imbeccare” la stampa internazionale che inizialmente aveva sotto pesato l’informazione, considerandola la “paranoia” di uno vecchio stato guerrafondaio nostalgico della Guerra fredda. "Prima dell’invasione, l’amministrazione, insieme al governo britannico, smascherò i piani russi per operazioni “false flag” progettate per attribuire la colpa agli ucraini e fornire un pretesto per un’azione militare russa". Dopo due anni di conflitto possiamo concludere con l'ammissione dell'errore e una visione diametralmente diversa di quella nostalgia.
Per il capo della Cia la guerra di Putin rappresenta un “fallimento della Russia” su molti livelli. “L’obiettivo originale di conquistare Kiev e sottomettere l’Ucraina si è rivelato sciocco e illusorio”. Anche dopo il fallimento della controffensiva ucraina, che ha portato alla fase di impasse del conflitto che riscuote limitati successi solo e attraverso l'impiego dei sistemi missilistici più sofisticati - da un lato forniti dalla Nato, dall'altro ancora presenti in discreto numero nonostante fosse circolata la convinzione che forze di Mosca fossero ridotte all'uso di antiquate armi d'epoca sovietica.
Secondo le analisi della Cia la guerra voluta da Putin sta erodendo il consenso interno nonostante i progressi ostentati sul campo. E da questo dettaglio si potrebbe dedurre come oltre alla necessità di continuare a sostenere Kiev per evitare all'Ucraina di soccombere e impedire a Mosca di vincere, ci sia una strategia che, nel lungo periodo e in assenza di negoziati, contempla la caduta dello zar per questioni interne. Questo mente l’economia russa subisce "battute d’arresto a lungo termine, e il paese segna il suo destino di vassallo economico della Cina". Le "esagerate ambizioni di Putin" secondo Burns "si sono ritorte contro anche in un altro modo: hanno spinto la Nato a crescere e rafforzarsi" mentre Mosca deve fare i conti non enormi perdite di uomini e mezzi.
Una "rivoluzione" interna mossa dal malcontento generalizzato sembra ancora prematura. Abbiamo assistito al risultato del fallito golpe del capo della gruppo mercenario Wagner Yevgeny Prigozhin che secondo Burns ha scoperchiato un vaso di pandora in Russia. Mantenere in auge il flusso di armi e mezzi - uno sforzo che viene quantificato come inferiore al 5% del bilancio della Difesa statunitense - secondo la Cia può quindi garantire all’Ucraina una posizione negoziale migliore nel momento in cui il Cremlino deciderà di trattare una pace. Offrendo allo stesso tempo a Kiev, ipotesi ormai remota ma comunque considerata da Burns, una "possibilità di garantirsi una vittoria a lungo termine e una perdita strategica per la Russia".
La Cina unica vera rivale
“La Cina rimane l’unico rivale degli Stati Uniti” annuncia Burns nel suo saggio. Guardando con particolare attenzione alla missione del leader Xi Jinping, che è al suo terzo mandato presidenziale e mantenendo il potere “più di qualsiasi predecessore dai tempi di Mao Zedong”, sembra inteso a rimodellare l’ordine internazionale attraverso il potere economico, diplomatico, militare e tecnologico del nuovo Dragone.
“Il problema non è l’ascesa della Cina in sé, ma le azioni minacciose che sempre più l’accompagnano”, spiega il capo della Cia, preoccupato per quella che definisce una “crescente repressione di Xi in patria” contemporanea ad una “aggressività all’estero” che vede il suo culmine nelle provocazioni registrate nello stretto di Taiwan. “Uno dei modi più sicuri per riaccendere la percezione cinese dell’imprudenza americana e alimentare l’aggressività cinese sarebbe quello di abbandonare il sostegno all’Ucraina”, scrive Burns collegando i punti sullo scacchiere e ricordando ancora una volta il nuovo paternariato che lega Pechino a Mosca. Non si può qui ignorare il messaggio in cifra, ambasciatore della ferma volontà degli Stati Uniti di sostenere i propri alleati strategici.
Il direttore della Cia non perde occasione per ricordare come l'agenzia sia impegnata nell'addestrare molti dei suoi operatori alla conoscenza del mandarino, focalizzando l'analisi dei flussi di informazioni, molte processate dall'intelligenze artificiale, sulla regione dell'Indo-Pacifico.
In Medio Oriente amici, nemici e interessi permanenti
"A volte è più conveniente per gli agenti dell’intelligence trattare con nemici storici in situazioni in cui il contatto diplomatico potrebbe connotare un riconoscimento formale” afferma il capo della Cia, rivelando come i contatti e le relazione che l’agenzia di spionaggio mantiene in quelle che vengono definite le “parti complicate del mondo” possono “offrire possibilità pratiche”. Portando ad esempio i nei negoziati in corso tra Egitto, Israele, Qatar e Hamas per ottenere il cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi da Gaza.
La Cia è una delle principali artefici di questo negoziato. “A volte, tali legami possono fornire una zavorra discreta in relazioni piene di alti e bassi politici. E a volte, la diplomazia dell’intelligence può incoraggiare una convergenza di interessi e sostenere silenziosamente gli sforzi dei diplomatici e dei politici statunitensi”. Di qui spiegato anche quel “dualismo” che spesso sembra dividere il pensiero dall’azione. Ma altrettanto spesso confluisce in quella che alla Cia chiamano "declassificazione strategica": la divulgazione intenzionale di segreti e dati sensibili con il fine di indebolire gli avversari e "radunare gli alleati".
“La crisi innescata dal massacro di Hamas in Israele il 7 ottobre 2023 ricorda dolorosamente la complessità delle scelte che il Medio Oriente continua a porre agli Stati Uniti". Per Burns "concludere l’intensa operazione di terra israeliana nella Striscia di Gaza, soddisfare i profondi bisogni umanitari dei civili palestinesi sofferenti, liberare ostaggi, prevenire la diffusione del conflitto su altri fronti nella regione e definire un approccio praticabile per il giorno dopo” sono tutti obiettivi di difficile realizzazione ma perseguibili nella chiave che garantisca la sicurezza di Israele, della regione Medio Oriente; monitorando attentamente il ruolo dell’Iran: specialmente in seguito alla crisi che sta interessando il Mar Rosso.
E poi ci sono gli "Alleati"
Quella che viene definita come una “impareggiabile rete di partnership di intelligence della CIA in tutto il mondo” rimanda alla capacità della Central Intelligence Agency - non la più antica ma sicuramente l'agenzia di spionaggio più inserita nel mondo - è senza dubbio la “risorsa che attualmente manca ai rivali solitari degli Stati Uniti”, conviene Burns.
Fin dalla sua nascita come diretta discendente dell'Oss - il servizio segreto americano che prese in mano le redini dello spionaggio al termine della Seconda guerra mondiale, proprio agli albori della "polarizzazione" - la Cia si è occupata di fronteggiare ovunque e a qualsiasi livello il comunismo, anche influendo nella politica interna di molte realtà extraterritoriali che ancora oggi dipendono strettamente dalle agende degli Stati Uniti e dalle analisi approfondite prodotte dai vertici della sua intelligence; ma allo stesso tempo confermano le loro relazioni in virtù di alleanze, trattati e obiettivi comuni.
È propio la “capacità di trarre vantaggio dai suoi partner “ che concede fin dal pieno della Guerra Fredda un primato agli
americani che, in stretto contatto con i britannici del Secret Intelligence Service, hanno avuto occhi, orecchie, infiltrati e doppiogiochisti nel blocco sovietico e in quello che è oggi l’ordine multipolare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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