"È 100%", Schulz ora è "Martin il bulgaro". L'arcinemico del Cav sogna da cancelliere

Il «kapò» che attaccava Berlusconi, sospinto dai sondaggi, punta a governare

"È 100%", Schulz ora è "Martin il bulgaro". L'arcinemico del Cav sogna da cancelliere

Berlino - Il 100 per cento dei voti, non uno di meno. Come una persona sola, i 3.500 delegati del congresso straordinario dell'Spd tenutosi ieri a Berlino si sono affidati a Martin Schulz per risollevare le sorti della socialdemocrazia tedesca e tentare di strappare la cancelleria ad Angela Merkel. La percentuale più che bulgara con la quale l'ex presidente del Parlamento europeo è stato incoronato candidato cancelliere è il segnale evidente dell'euforia dei quadri Spd. Soprattutto da quando il suo poco carismatico predecessore Sigmar Gabriel si è fatto da parte, Schulz sta facendo sognare il partito: nelle rilevazioni sulla popolarità delle personalità politiche ha superato più volte la stessa Merkel. Di più: dall'inizio di febbraio l'Spd supera nei sondaggi la Cdu della cancelliera; i socialdemocratici sono sopra i cristiano-democratici di appena un punto ma tanto basta a galvanizzare un partito che non guida il governo federale da ormai dodici anni e che è stato relegato dalla cancelliera o al ruolo di comprimario o direttamente all'opposizione.

L'uomo protagonista di un duro scontro verbale con Silvio Berlusconi, che a Strasburgo nel 2003 replicò alle sue critiche dandogli del «kapò», ha accettato l'investitura promettendo una rottura con il passato. Promettendo, in sostanza, una rottura con se stesso: «Quando in Germania la libertà è minacciata o quando riforme si sono rese necessarie, è sempre stato il nostro partito a farsi coraggiosamente in avanti», ha detto davanti al congresso, ai quali ha promesso un programma elettorale all'insegna di «giustizia, rispetto e dignità». Da mesi Schulz batte sul tasto della giustizia sociale: anche nella ricca Germania, d'altra parte, lo scontento non manca. Basti pensare per esempio ai 2,5 milioni di lavoratori sottopagati (mini-jobber con 450 euro al mese) e privi di garanzie che non arrivano alla fine del mese.

È anche a loro che Schulz promette giustizia: peccato però che i mini-job siano un'invenzione socialdemocratica. Fu proprio l'ultimo governo Spd, guidato da Gerhard Schröder, a riformare le prestazioni dello stato sociale e il mercato del lavoro con un pacchetto di riforme che permise un forte rilancio dell'economia tedesca, ma marginalizzò anche milioni di cittadini. Si chiamava «Agenda 2010» e Schulz, rappresentante dell'ala «migliorista» socialdemocratica, la sostenne.

Oggi tuttavia lo sfidante della cancelliera, con la quale l'Spd governa in grande coalizione dal Natale del 2013, riesce a presentarsi come uomo di rottura con il passato per un motivo molto semplice: non ha mai ricoperto incarichi politici a livello federale in Germania. Dal 1994 Schulz è rimasto saldamente ancorato al suo seggio da europarlamentare, facendo carriera fra Bruxelles e Strasburgo. Non stupisce dunque che oggi il candidato Spd difenda l'Ue a spada tratta: «Chiunque pensi di separare gli interessi nazionali da quelli dell'Europa sta gettando via il destino della Germania». Ai delegati speranzosi, il 61enne di Hehlrath ha anche ricordato le proprie origini semplici, di uomo del popolo che si è fatto da sé.

Le sue tirate pro-giustizia sociale gli stanno però costando in patria anche l'accusa di populismo: Martin Schulz deve dire chiaramente se punta a un governo spaventa-imprese tutto spostato a sinistra con verdi e social-comunisti, o se all'Spd vada bene anche una riedizione della grosse Koalition purché al posto della cancelliera ci sia lui.

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