Mahmoud Abbas, al secolo Abu Mazen, ha un'ambizione chiara: essere ricordato come Arafat, l'uomo che ha vissuto per trascinare parte del mondo in uno scontro frontale con Israele, con lo scopo di destrutturane le alleanze internazionali, prima fra tutte quella con gli Stati Uniti, e la sua stessa legittimità. Così, con un ennesimo «armiamoci e partite» che ancora non ha effettività pratica, ha giurato con un discorso urlato di voler cancellare ogni tipo di accordo con Israele. La minaccia investirebbe la vita civile, dall'elettricità all'acqua ai patti di sicurezza, passando per gli accordi Oslo del '93, di Hebron del '97, di Wy River del '98. Difficile che lo faccia: salterebbe la cornice dell'amministrazione civile e di commercio, la cooperazione, gli accordi per la sanità.
La ragione conclamata nella rabbia è la paura che Netanyahu, adesso che è primo ministro, si affretti a realizzare il piano Trump che prevede l'annessione del 30 per cento dell'West Bank e della Valle del Giordano. Non sarà certo questione di pochi giorni, ma la proposta di Trump è sul tavolo sia di Netanyahu che di Gantz, che sarà fra 18 mesi primo ministro a rotazione. Le elezioni americane di novembre incombono sulla rielezione di Trump: Israele ne tiene certo conto, come i palestinesi che vogliono fare rumore almeno fino ad allora. E anche gli Usa sembrano rallentare un po'.
Ma la verità è che molte volte Abu Mazen ha minacciato di spaccare tutto: le ragioni in genere sono soprattutto propagandistiche, perché funziona ogni volta che si dice «territori palestinesi occupati» e si parla di annessione israeliana. Ma i cosiddetti «territori» non sono palestinesi, né lo sono mai stati, né, secondo la legge internazionale, sono occupati, ma «disputati» secondo le risoluzioni Onu. Tuttavia già dall'Unione Europea il commissario Josef Borrell condanna preventivamente ogni «annessione». Intanto il primo minsitro Shtayye chiede all'Onu sanzioni per Israele. Più diretto è l'ayatollah Khamenei, che accusa Israele di essere «il male». L'ondata è variegata, e lo sarà di più se si seguiterà a ignorare il contenuto di un piano che mette in mano a Israele solo territori abitati da ebrei (il 30%) e il 70% invece destina ai palestinesi, gli consente uno Stato con grande aiuto internazionale, mette alla prova una leadership che ha saputo solo rifiutare ogni proposta e ha sempre portato a campagne di terrorismo. Quanto alla Valle del Giordano, tutto il Medio Oriente diventerebbe possibile preda di eserciti di regimi autoritari se Israele non ne avesse il controllo.
Pompeo, tornato negli Usa dopo tre giorni in Israele, si è dispiaciuto che Abu Mazen non voglia accettare la prima opzione del piano Trump, i colloqui far le due parti. Può darsi che coronavirus e furia politica rallentino questa opzione, e che i palestinesi, come sempre da 40 anni, distruggano ogni opzione di pace. Sarebbe un peccato per tutti.
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