Aiutare chi ha ucciso tua figlia Se un gesto spegne la violenza

I genitori della tabaccaia uccisa si offrono di pagare le cure alla figlia malata del killer. Una generosità che apre a un mondo diverso. Dai valori cristiani

Aiutare chi ha ucciso tua figlia Se un gesto spegne la violenza

«Aiuteremo la figlia malata dell'uomo che ha ucciso la nostra». Piero e Pina Fassi, genitori di Maria Luisa, la tabaccaia di Asti ammazzata con 45 coltellate durante una rapina sabato 4 luglio, hanno deciso di rispondere al male tremendo con il bene. La loro storia, raccolta dal quotidiano «la Stampa», la loro importante decisione fa sicuramente riflettere e discutere. Rispondere alla tragedia con un gesto di solidarietà. «Noi siamo qui - dicono -. Se la figlia dell'uomo che ha ucciso nostra figlia avrà bisogno, noi ci saremo». L'uomo che ha ucciso e che ha poi confessato è Pasqualino Folletto, 46 anni, magazziniere: aveva dilapidato ai videopoker 11mila euro destinati alla figlia malata. E ora davanti al disastro di avere ammazzato e aver distrutto se stesso e due famiglie, la sua e quella della vittima, si trova davanti a due persone duramente colpite che lo vogliono aiutare. Una incredibile lezione di misericordia e altruismo: «Abbiamo saputo che ha una figlia malata - dice papà Piero -. Purtroppo. Nel nostro piccolo, se vorrà, faremo ciò che è nelle nostre possibilità per rendere meno dolorosa e solitaria la sua sofferenza». E ancora: «La sua famiglia, uccisa anch'essa da un gesto folle non ha colpa per quando è successo». I Fassi, descritti come riservati e discreti ma sempre pronti a tendere la mano, ad Asti sono il punto di riferimento di molti enti di beneficenza.

Q ui non hanno più posto le chiacchiere sul diritto/dovere al perdono degli assassini. Qui il fascismo mediatico sospenderà la sua brama irosa di giudicare, commentare, soprattutto parlare. Qui siamo in un'altra storia, in un altro modo di guardare l'uomo, il mondo, la vita, la cronaca e perfino la cronaca nera. Gli anziani familiari di Migia Fassi, la tabaccaia di Asti uccisa per 800 euro da un cliente dal nome che già da solo suggerisce un romanzo - Pasqualino Folletto - dopo aver saputo che l'uomo ha una figlia affetta da una malattia genetica, hanno deciso di pagare di tasca propria le cure della ragazza.

Vorrei lasciar perdere gli accenti di ammirazione e domandarmi se un gesto come questo si può semplicemente rubricare tra gli esempi di generosità, sia pure di immensa generosità. Vorrei domandarmi se sia sufficiente pensare quanto sono buone queste persone e quanto poco lo sono io, che con ogni probabilità non avrei pagato le cure della ragazza. Non basta, infatti, pagare il prezzo di una notizia come questa paragonando la grandezza altrui con la nostra piccolezza. Di fronte a un fatto così è forse più utile cominciare a capire di quanta ipocrisia siamo fatti, anche nell'intimo dei nostri sentimenti.

Le cronache ci hanno descritto la vittima come una donna felice, che tutti i giorni andava a pregare nel Santuario degli Oblati, dove c'è «un profumo meraviglioso di fiori e una pace che disseta l'anima», come diceva lei. Nessuna ombra della Chiesa oppressiva e tiranna, dunque; nessuna costrizione morale, ma profumo di fiori e una pace che disseta l'anima.

Un'anima - verrebbe da dire - pronta. Uno scrittore d'altri tempi avrebbe visto in Pasqualino Folletto una specie di angelo, forse un po' bizzarro, un folletto nato però nel giorno della Resurrezione. Uno scrittore d'altri tempi avrebbe letto, negli eventi di questa terra, l'ombra di altri eventi, nei quali nomi propri, date, coincidenze, azioni diventano leggibili dentro una storia che cominciò con la Creazione e terminerà con il Giudizio Universale.

Io non farò questo, però sarei un mentitore se negassi il contraccolpo di questa notizia. Che non è nemmeno la notizia più grande, perché ce n'è una più sorprendente, che ancor più del gesto dei coniugi Fassi ci mette in comunicazione con l'altro mondo, ce lo impone nella sua inesorabile realtà.

È una frase della famiglia Fassi, che riproduco così come l'ho letta sulla Stampa : «Di questo argomento non parleremo più. D'ora in avanti, quello che accadrà tra la nostra famiglia e la moglie e le figlie del signore arrestato, resterà solo una questione nostra, e della nostra coscienza».

È quell'espressione, «signore arrestato», a riempire di sgomento. Più che la decisione di pagare le cure della figlia malata, ci sconcerta questo abisso di rispetto, questo abisso di stima. Ripensando al crimine di Asti, dopo aver saputo che l'uccisore era un disperato incensurato, mi è stato facile comprendere l'eccesso di follia che ha portato a uccidere la donna con 45 coltellate. Potrebbe succedere a me, al posto di quell'uomo potevo esserci io. Nel crimine non c'è mai nulla di nuovo: siamo tutti così, follia compresa.

Ma il «signore arrestato» no. Come si fa a chiamare così l'uccisore della propria figlia? Pensateci bene, cari lettori: l'ha chiamato signore, proprio come Gesù Cristo. Tutto questo non lascia tempo alla facile ammirazione, ma solo a una domanda: chi sono queste persone? Cosa le muove? E viene in mente Gesù, di cui tutti si chiedevano, ad ogni miracolo: chi è costui? Alla fine di luglio del 2015 ecco: lo stesso stupore, lo stesso sconcerto, lo stesso timore. Qui non si parla più di cristianesimo o di valori cristiani, qui non c'è più una fede da ammirare con il finto rammarico di chi non ce l'ha. Qui c'è un'immedesimazione con il destino personale di Cristo, con la sua croce, col legno e con i chiodi.

Cari signori, potrete bandire finché vorrete il cristianesimo dalla nuova società che sta nascendo, ma dovrete fare bene i vostri conti.

Dovrete cancellare la possibilità che all'improvviso si aprano spiragli come questo su un mondo diverso, e per fare questo dovrete esercitare un controllo spietato su ogni istante della vita di ogni persona. Ma non ce la farete. Ci sarà sempre un istante dimenticato, un particolare trascurato. E lì ci sarà Dio ad aspettarci.

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