«Trattatela bene, è un pezzo del mio cuore»: stavolta è questo il biglietto d'accompagnamento al fagotto di due chili e novecento grammi lasciato nella culla per la vita della Croce Rossa di Bergamo. Il fagotto è una femmina. Sta bene ed è stata trasportata nel reparto di Patologia neonatale dell'Ospedale Papa Giovanni XXIII. Terzo neonato affidato alla «ruota» nel giro di un mese, quarto se si considera l'orrenda vicenda della creatura abbandonata morta in un cassonetto dell'immondizia di Milano. Milano, Bergamo... le ricche città del Nord non abbastanza ricche per evitare che le donne rinuncino ai propri figli. Che poi chissà, si pensa subito e sempre all'assenza di denaro quando in realtà le sfumature di disagio sono tante e i motivi di una scelta del genere rischiano di essere molteplici. Magari la mamma di quest'ultima bimba è una «bimba» a sua volta, o magari è la vittima di un abuso orrendo, o l'innamorata delusa e imbrogliata di uomo sposato che resterà al caldo delle sue bugie. Quel fagotto sano e quel biglietto stringato e straziato nulla raccontano delle due vite che ieri pomeriggio hanno irrimediabilmente preso strade diverse. Raccontano solo di due corpi che si sono strappati via a vicenda e di due destini in salita. Tutto il resto lo si può solo immaginare, come verosimilmente faranno entrambe, la mamma e la figlia a distanza, per il resto delle loro vite. A fantasticare di passato e futuro e di incontri mai avvenuti e di dialoghi mai scambiati. Una madre e una figlia costrette a immaginarsi a vicenda per sempre, a dare contorno ai volti, a sognare le voci a sperare e temere l'una per l'altra. Ed è esattamente qui l'incredibile: incredibile che due città come Milano e Bergamo, non siano riuscite a inserirsi, a interrompere l'incubo, a prendere in braccio entrambe e a tenerle unite. Nell'assistenza, nei servizi, nella protezione, nell'accudimento. Se non si è in grado di interrompere lo spavento di una donna e della sua neonata nella pasciuta Lombardia, se oltre a una civilissima, sicurissima e anonima culla per la vita non si può fare di più per una puerpera sola e terrorizzata, significa che il Paese tutto e la civiltà tutta hanno fallito o sono ancora lontani anni luce dal vincere. Sappiamo e speriamo che la bimba starà bene. Troverà una famiglia che la vorrà a tutti i costi e l'amerà e la crescerà viziandola e coccolandola e sostenendola. Sappiamo e speriamo che crescerà forte e capace e che vivrà a «volume alto», riprendendosi la voce e il coraggio che le sono mancati i primi giorni in cui è venuta al mondo sentendosi sola troppo in fretta.
Sappiamo e speriamo che i genitori adottivi la risarciranno da quella insidiosa e orrenda sensazione di non essere stata voluta abbastanza. Ma continuiamo a credere che il finale perfetto della sua storia e degli altri bimbi come lei, sarebbe stato un inizio tutto diverso.
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