Altro che spending review: sono i Comuni il buco nero

L'Istat smaschera la politica miope dei governi di sinistra che si sono insediati per risanare i conti: la spesa corrente degli enti locali è aumentata grazie ai finanziamenti dello Stato

Altro che spending review: sono i Comuni il buco nero

Il sacco di Roma, mediante l'intreccio morboso fra cooperative e non profit legate alla politica di sinistra e alla sua ideologia sociale e assistenziale, estesa agli immigrati e al loro sfruttamento, non si combatte solo o sopra tutto nei tribunali. La causa prima di ciò sta in una scelta politica permissiva riguardante la finanza comunale, che la sinistra ha coltivato, come funzionale ed essenziale al suo potere politico, in sede nazionale. Costituiscono una prova, purtroppo eclatante, di tale verità, i dati, che l'Istat ha reso noti venerdì circa la dinamica delle finanze dei comuni italiani nel 2013, a livello nazionale e regionale per ogni tipologia, di entrata e spesa.

Nel 2013, anno di crisi, mentre i bilanci delle famiglie e delle imprese si stringevano, quelli dei comuni si gonfiavano, con un aumento delle spese del 9,4% sul 2012 e una crescita delle entrate dello 8,5%. In soldoni le spese dei comuni sono state 88 miliardi, contro circa 80 l'anno prima. Le entrate sono state circa 90 miliardi contro 83 l'anno prima. Le percentuali di crescita di poco inferiori al 10% delle entrate e delle spese dei bilanci comunali del 2013 sul 2012 indicano che il controllo dello stato sui bilanci comunali, da parte del governo di centrosinistra che era stato insediato in nome della salvezza finanziaria nazionale, è stato molto permissivo. In parte queste percentuali anomale di crescita delle entrate e spese comunali sono dovute all'aumento ancor più anomalo delle partite finanziarie riguardanti le spese per il rimborso di prestiti e per la accensione di prestiti, che si sono accresciute del 70% e delle spese per il rimborso di prestiti di una analoga enorme percentuale. Da ciò in apparenza è derivato un saldo ufficiale di riduzione dell'indebitamento dei comuni di 3 miliardi, in termini di competenza, ma un aumento di debiti un miliardo e mezzo in termini di cassa, date le acrobazie contabili caratteristiche di queste finanze, in cui spesso non si pagano i fornitori, alla scadenza.

Togliendo le partite finanziarie, rimane però quadro patologico di aumento del 5,8% delle spese correnti, a fronte di un Pil che, nel 2013, si contraeva dello 1,9% rispetto al 2012, sotto la pressione deflazionista della manovra di finanza pubblica effettuata a livello nazionale. Le spese in conto capitale dei Comuni, cioè gli investimenti nel 2013 si riducevano dello 8,5%. Insomma aumentavano in modo anomalo le spese comunali che non contribuiscono alla crescita mentre diminuivano, in modo ancor più anomalo, quelle per investimento che dovrebbero servire alla crescita. Le entrate correnti aumentavano del 4,4%. Ciò soprattutto a causa dell'aumento del 30% dei trasferimenti (cioè contributi gratuiti) dello stato e delle regioni (finanziati in gran parte con soldi dello stato) ai comuni. In sostanza, per essere chiari, la crescita della spesa corrente comunale è stata finanziata dal bilancio statale, ossia dal contribuente nazionale. I comuni hanno dilatato le loro spese a carico delle casse altrui, ossia delle nostre. Si può applicare qui la massima «il convento piange, i frati ridono» considerando da un lato il bilancio nazionale a carico di tutti noi, dall'altro i bilanci comunali. E per quanto riguarda, in particolare Roma, nel 2013 essa ha ricevuto uno speciale bonus denominato «Salva Roma» di 110 milioni oltre a benefici vari, tramite un apposito decreto legge, varato dal governo Renzi nel 2014, poco dopo il suo insediamento. Esso è servito, in primo luogo, per sanare i buchi del bilancio del 2013, che diversamente non poteva essere approvato. Ciò ha permesso al comune di Roma di continuare la propria gestione, con i precedenti criteri, anche nel 2014.

Un salvataggio in extremis, che avrebbe potuto avere una giustificazione, se fosse stato accompagnato da una indagine su come si erano formati questi buchi e da provvedimenti connessi.

Servirebbero queste spending review ovvero controlli analitici delle spese, da parte del Priore del convento, anziché il lavoro delle procure.

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