Armi a Kiev, Conte resta solo. Draghi in Aula ma senza voto

Question time il 19 maggio. L'irritazione di Palazzo Chigi. L'ex Bce e Biden parleranno anche dell'invio di armamenti

Armi a Kiev, Conte resta solo. Draghi in Aula ma senza voto

Dopo giorni e giorni passati ad ascoltare Giuseppe Conte che sollecitava il premier a riferire in Parlamento sull'invio delle armi in Ucraina, Palazzo Chigi decide finalmente di mettere un punto fermo. E fa sapere che Mario Draghi non si presenterà alle Camere prima del suo viaggio a Washington in programma martedì e mercoledì. Occasioni di confronto però ci saranno, «a partire - filtra dall'entourage dell'ex numero uno della Bce - dal question time già in calendario per il 19 maggio». Un modo per provare a stoppare la deriva populista imboccata da un Conte che - con buona pace del dato reale - invoca un passaggio parlamentare che in verità già c'è stato. Ingolosito dalla possibilità di raccattare qualche punto in più nei sondaggi e accecato da una profonda ostilità verso Draghi (ricambiata), l'autoproclamato avvocato del popolo finge infatti di non sapere che il primo marzo il Parlamento ha votato - «quasi all'unanimità», dice il ministro della Difesa Lorenzo Guerini - una risoluzione che impegna il governo a sostenere la resistenza ucraina anche tramite l'invio di materiale militare. Risoluzione che legittima l'esecutivo - giuridicamente e politicamente - fino al 31 dicembre.

Conte, però, piega i fatti alla propaganda. E cavalca l'onda di quella parte di elettorato perplessa da un approccio che - di molto banalizzando - viene definito filo-atlantista. Di questi elettori, peraltro, una fetta fa parte della base in cui storicamente pesca il Pd. Il leader grillino, insomma, è deciso a raccogliere consensi pure su un tema così delicato come il conflitto tra Russia e Ucraina. E non solo si finge smemorato sul voto del primo marzo, ma rimuove pure che quella stessa risoluzione prevede che il premier tenga «costantemente informato il Parlamento», al massimo con «cadenza trimestrale». Quando Conte si straccia le vesti chiedendo a Draghi di presentarsi alle Camere al più presto, insomma, sa bene di giocare win win, perché questo è esattamente ciò che è previsto nel provvedimento già approvato dal Parlamento. Una richiesta, dunque, doppiamente pretestuosa. E, forse, è anche per questo che alla fine l'ex premier è rimasto sostanzialmente da solo. Sul punto, infatti, non solo non lo ha mai seguito Luigi Di Maio, che oltre a essere ministro degli Esteri rappresenta comunque un pezzo importante del M5s. Ma pure Matteo Salvini, forse già pago di aver portato casa una buona mediazione sulla delega fiscale, ieri ha preferito rimanere in silenzio.

Comprensibile, dunque, che in un quadro del genere a Palazzo Chigi si respiri una certa irritazione. Per i modi usati da Conte, ma anche per i toni, visto che ieri l'ex premier ha puntato il dito su un «Parlamento in sofferenza», le cui facoltà sono state «oggettivamente compresse» da un «decisionismo fine a se stesso». E sul banco degli imputati, senza mai fare nomi, c'è ovviamente Draghi. Così, dopo giorni di silenzio, si è deciso di ribattere, nel tentativo di chiudere la querelle: il premier sarà in Parlamento il 19 maggio, ma solo per il question time. Quindi, senza alcun voto delle Camere sulle sue comunicazioni. Sperando - è l'auspicio evidentemente polemico del sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè - che i parlamentari del M5s «si presentino ad ascoltarlo», visto che due giorni fa deputati e senatori grillini hanno «brillato per la loro pressoché totale assenza» durante l'audizione di Guerini davanti alle commissioni Difesa di Camera e Senato.

Si continua a lavorare, intanto, al terzo decreto interministeriale (Difesa-Economia-Esteri) per l'invio di ulteriori armi a Kiev. In attesa, però, del faccia a faccia di martedì alla Casa Bianca tra Joe Biden e Draghi.

Nei prossimi giorni, infatti, il presidente americano annuncerà un ulteriore invio di armamenti in Ucraina per circa 100 milioni di dollari. E potrebbe chiedere anche all'Italia di incrementare - sia in quantità che in qualità - il suo contributo.

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