È bastata una giornata, quella di ieri, per svuotare gli scaffali dei supermercati milanesi e non solo. Questo nonostante le autorità non abbiano deciso la chiusura dei negozi, tanto meno di quelli di alimentari. «Riempio il carrello, non si sa mai», è la formula che risuona tra le corsie in una domenica surreale.
Sono andati a ruba soprattutto i cibi freschi: carne, frutta, verdura, uova, latte. Ma anche pasta, biscotti, scatolame come fagioli e tonno, conserve e surgelati. Per non parlare delle confezioni d'acqua: finite in molti punti vendita. Chi infine cercava mascherine e gel disinfettanti, introvabili da giorni nelle farmacie, è uscito a mani vuote. Ieri si vedevano molti clienti con i carrelli colmi o con due o tre carrelli e lunghe file alle casse. Certi supermercati hanno dovuto richiamare al lavoro commessi e cassieri per far fronte all'afflusso boom. E in un negozio della grande distribuzione è stata segnalata da un cliente persino una zuffa per accaparrarsi gli ultimi generi alimentari. Uno scenario che la maggior parte dei milanesi non ricorda di avere mai visto. Semi svuotati i punti vendita Esselunga di via Novara, viale Zara, Porta Nuova, piazzale Lodi, via Cena. «Abbiamo aumentato produzione e servizi di rifornimento - fa sapere l'azienda -. Nessun saccheggio e qualche scaffale inevitabilmente con meno merce subito rifornito. Nessun allarmismo lato nostro e grande afflusso, superiore al solito anche per l'e-commerce: tutto è assolutamente sotto controllo». Stessa situazione nei negozi Coop e Conad, che in Lombardia ha registrato un aumento in media del 20 per cento delle vendite con picchi nei supermercati delle zone del focolaio.
«A oggi - ha spiegato il governatore lombardo Attilio Fontana - non è stata presa in considerazione» la chiusura dei negozi. «Non è necessario», ha precisato. E la Prefettura di Lodi ha sottolineato che nell'area dei comuni considerati zona rossa «le attività commerciali dei supermercati, ipermercati, negozi alimentari e quelle di trasporto connesse al rifornimento di prodotti alimentari in quanto tese all'approvvigionamento di beni di prima necessità per la popolazione sono da ritenersi essenziali e quindi escluse dalla sospensione dell'attività lavorativa e di trasporto». Il decreto governativo sull'emergenza Coronavirus inoltre prevede la creazione di «corridoi sterili» controllati dalle forze dell'ordine per far transitare i fornitori protetti da mascherine e guanti. Comunicazioni e misure che però non hanno evitato la presa d'assalto degli scaffali intorno al triangolo Codogno-Casalpusterlengo-Castiglione d'Adda. Né hanno evitato la fine delle scorte in alcuni punti vendita o la serrata di altri. Nei paesi colpiti i cittadini hanno approfittato delle scarse occasioni di uscita dalle case proprio per comprare cibo. I pochi scaffali ancora forniti si sono quindi svuotati, anche perché da ieri è vietato uscire dai confini della zona proibita. La situazione è critica in particolare a Casalpusterlengo, dove si riversano pure gli abitanti di Codogno perché qui tutte le catene della grande distribuzione sono rimaste chiuse. Molte aziende hanno deciso di non consegnare nemmeno più a domicilio.
I clienti entrano scaglionati nei negozi, ma sono molto preoccupati, perché la merce che arrivava da fuori ha smesso di essere consegnata. Anche l'approvvigionamento di medicinali è in crisi, con diverse farmacie chiuse o poco fornite.
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