
«Sul mondo automotive incombe una tegola da 390 miliardi di dollari: 250 miliardi riguardano i veicoli e circa 140 miliardi la componentistica. È la grandezza del valore dei dazi Usa alla luce dei volumi che hanno caratterizzato il 2024», la stima è di AlixPartners e a esporla è Dario Duse, partner, managing director e responsabile automotive per l'area Emea.
E se Donald Trump decidesse veramente, come ha ventilato, di esentare temporaneamente le case automobilistiche dalle tariffe doganali del 25%, concedendo a loro il tempo di adattare le proprie catene di approvvigionamento allo scopo di trasferire le produzioni da Canada, Messico e altri Paesi?
«Qualsiasi esenzione provvisoria - commenta Duse - dove la temporaneità è inferiore a uno o due anni, consente solo di mettere in atto, da parte di un'azienda, azioni tattiche senza però risolvere il problema strutturale che richiede invece molto più tempo. Qualunque sia il dazio applicato al settore, l'economia Usa andrà in sofferenza e così sarà soprattutto per un mercato, quello degli Stati Uniti, dove nel 2024 il prezzo medio di una vettura è lievitato da 31mila dollari, del 2019, a 48mila. Si verificheranno aumenti generali dei prezzi, un'ulteriore diminuzione dei volumi di mercato e della capacità di acquisto».
Washington sollecita il trasloco di produzioni di auto sul territorio americano, ma anche in questo caso AlixPartners trova un effetto boomerang. «Gli Usa non sono un Paese con il costo del lavoro basso - rileva Duse - e, quindi, uno spostamento comporterebbe per il costruttore o il fornitore la necessità di ridurre quelle uscite extra determinate all'alto costo della manodopera negli Stati Uniti. Da qui la prospettiva, per la fabbrica emigrata Oltreoceano, di una maggiore automazione e di meno personale».
Trump, a questo punto, potrebbe anche adottare la tattica degli accordi separati con i vari Paesi per spuntare condizioni economiche migliori. Più passa il tempo, però, più questi accordi diventano complessi. «In questo scenario - interviene Duse - a essere avvantaggiati sarebbero gli inglesi. Per loro, infatti, c'è per ora una previsione di dazi inferiore».
La politica economica a gamba tesa di Trump e l'incertezza che continua regnare in Europa sulle future regole automotive non fanno dormire sonni tranquilli a John Elkann, presidente e Ceo ad interim di Stellantis. Tutte preoccupazioni cui ha informato, ieri ad Amsterdam, gli azionisti riuniti in assemblea. «Negli Stati Uniti - ha rimarcato - oltre al dazio del 25% imposto sui veicoli, siamo colpiti da una serie di tariffe aggiuntive, tra cui quelle su alluminio, acciaio e componenti. In Europa, inoltre, le normative sulle emissioni di CO2 hanno imposto un percorso irrealistico di elettrificazione, scollegato dalla realtà del mercato. In effetti, i governi europei hanno ritirato, a volte bruscamente, gli incentivi all'acquisto e l'infrastruttura rimane inadeguata». «A questo punto - ha aggiunto Elkann - con l'attuale percorso di tariffe dolorose e regolamenti troppo rigidi, l'industria dell'auto Usa ed europea è a rischio.
Sarebbe una tragedia in quanto il settore è fonte di lavoro, innovazione e comunità forti. Ma non è troppo tardi se Usa ed Europa intraprendono le azioni urgenti a favore di una transizione ordinata. Siamo incoraggiati da quanto indicato da Trump sulle tariffe per l'industria automobilistica».
Incredibile che gli USA non avessero candidati migliori per repubblicani e democratici.
Incredibile che gli USA non avessero candidati migliori per repubblicani e democratici.