"Avanti con gli aiuti Bce". Ma c'è il nodo riforme

Il monito della Bei: "I tempi dell'Italia non sono compatibili con quelli dell'Europa"

"Avanti con gli aiuti Bce". Ma c'è il nodo riforme

Nelle già sudate carte di Mario Draghi, il faldone dedicato al Recovery Plan sta in cima alla pila. Da quelle pagine dipenderà il futuro dell'Italia. Occorre fare in fretta per spendere in modo mirato gli oltre 200 miliardi messi a disposizione dall'Europa. Una montagna di quattrini in grado di dare un boost all'economia pari, secondo l'Istat, a una crescita aggiuntiva del 2,3% del Pil nel 2025. Christine Lagarde (in foto) ieri ha confermato l'azione di sostegno della Bce («Il Pepp continuerà a essere uno strumento cruciale: la dotazione di 1.850 miliardi ci offre una notevole potenza di fuoco e flessibilità nella conduzione degli acquisti»), tesa a mantenere sotto controllo i rendimenti dei nostri titoli di Stato. Ma questo sarebbe vanificato in caso di ritardi nei programmi di investimento e senza le riforme strutturali.

La corsa è ancora lunga, però ai blocchi di partenza non siamo messi bene. «L'Italia deve cambiare passo». A ricordarlo è stato davanti alle commissioni Bilancio e Politiche Ue di Senato e Camera, Dario Scannapieco, vicepresidente della Banca europea degli investimenti, nonchè tra i fedelissimi del nuovo premier. Occorre procedere su tre direttrici: rendere più efficiente la pubblica amministrazione; velocizzare i tempi della giustizia; semplificare il sistema fiscale. Va quindi fatto ora quanto non si è mai riuscito a fare negli ultimi 30 anni.

Visto che la velocità mal si concilia con il modus operandi tricolore e con il timing di Bruxelles (prima del 2024 vanno stanziati i fondi, da spendere entro il 2026), Scannapieco suggerisce per la messa a terra del piano di rilancio l'adozione di «meccanismi di sostituzione in caso di inazione», così come «qualcosa può essere rivisto» sui «processi attraverso i quali lo Stato realizza gli investimenti». Insomma una sponda all'idea di utilizzare per il Recovery le modalità d'intervento snelle, già impiegate per l'Expo e il ponte di Genova.

Dei benefici di un efficace impiego delle risorse Ue è convinta anche Standard&Poor's, secondo cui sarebbero così stimolati gli investimenti pubblici, «inferiori di circa il 30% rispetto a prima dell'ultima crisi finanziaria». Le riforme del governo non avranno «impatto immediato» sul rating, avverte però S&P. Certo l'Italia non è il solo Paese sotto i riflettori. Il Financial Times tira in ballo in un editoriale i governi dell'eurozona che «non stanno spendendo abbastanza per sostenere la ripresa. L'eurozona ha bisogno di riscoprire lo spirito del wathever it takes» di Draghi.

Serve, quindi, un altro passo in avanti. Che per il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, deve andare in un'unica direzione: «Una moneta senza Stato può durare fino a un certo momento, ma poi c'è bisogno di uno Stato e di un'unione di bilancio».

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