Battere l'Isis è possibile Anche i boia si pentono

Pure i tagliagole sono uomini. E come tali possono perdere

Battere l'Isis è possibile Anche i boia si pentono

Non sono samurai invincibili. Lo scrisse Walter Tobagi a proposito delle Brigate Rosse, che lo aspettarono sotto casa per ammazzarlo. Ma sono state vinte. Bisogna dirlo adesso di questi boriosi tagliagole islamici guidati dal loro Califfo assassino e sporcaccione, famoso per prendersi con la violenza la terra, le chiese e le donne degli altri.

Personalmente mi sono stufato di vedere circolare con le migliori intenzioni un messaggio razzista all'incontrario: e cioè che i guerrieri di Allah sono più bravi, coraggiosi, spiritualmente superiori a noi.

Siamo rimasti intrappolati come mosche nella ragnatela dall'editto di un imam che rivendicò la strage vigliacca delle stazioni di Madrid, l'11 marzo 2003. Proclamò in un messaggio da qualche grotta: «Siamo destinati alla vittoria, perché noi amiamo la morte più di quanto voi amiate la vita».

Tutto vero. Oriana Fallaci ci denunciò alla nostra stessa coscienza nel settembre del 2001, quando descrisse questo nostro stato di coma vigile, per cui ci muoviamo, pensiamo, godiamo, ma non c'è nulla che ci sia caro al punto di difenderlo a costo della vita.

Poi però Oriana si contraddisse meravigliosamente quando raccontò dei vigili del fuoco di New York e fece risuonare nella nostra zucca vuota il canto argentino delle campane delle nostre città, paesi, villaggi, vallate. Quel linguaggio non ci è ancora del tutto estraneo, ci dice qualcosa che non sappiamo bene, è come il lontano infantile ricordo di un vecchione. Ma sappiamo che dice la verità. Questa memoria ci appartiene. Vale per l'oggi, non è uno ieri sentimentale e perduto. È una possibilità adesso.

Io credo che valga di più il trillo di campanello di un chierichetto all'alba di una cappella di periferia vuota, che lo starnazzare spaventoso dei cori che circondano le decapitazioni e gli spari nella nuca per mano dei bambini di Palmira in nome del Profeta. Lo sappiamo che è così, qualcosa è accaduto nella nostra storia. Dissotterriamolo. Sarà l'arma lucente e buona della pace futura.

Alla lunga l'infamia proterva, l'orgoglio dell'assassinio, non solo stancano ma fanno impazzire.

Nei sotterranei della Bytirka e di Lefortovo a Mosca i boia tiravano proiettili di 9 grammi di piombo nella testa di migliaia e migliaia di uomini e donne. Non resistettero oltre a sentirsi inzuppare i piedi di sangue caldo e fraterno. Così accadrà al turpe esercito di Al Baghdadi, il Califfo, se sapremo mostrare non un coraggio eroico (non siamo curdi, purtroppo, non abbiamo la stessa splendida tigna guerresca), ma quella semplice, banale, cristiana umanità che ci fa guardare con simpatia ai bambini che muoiono in mare, e che ci fa ritenere giusto, non sappiamo bene perché, dare del pane anche alle belve dell'Isis prigioniere.

Così - insieme certamente a coalizioni di eserciti (non sono del tutto un sognatore) - sarà possibile estirpare questo cancro dell'islamismo che ama la morte propria e altrui.

Scrivo queste parole dopo avere sentito le parole di un guerriero islamico che ha finalmente riconosciuto il male e se n'è distaccato amaramente, e per sempre, in trasmissione da Giletti all'Arena. Non è un caso isolato. Sono centinaia i redivivi dall'incantesimo dell'orrore. Pur di non assassinare più, si fanno assassinare, come certi soldati delle Ss incapaci di tollerare lo sventramento di madri gravide.

Non sono samurai invincibili. Esiste in ogni uomo un punto di rottura, per cui diventa impossibile insistere nel non-essere-uomo. Ho scritto «in ogni uomo». Forse non in ogni uomo, ce ne sono alcuni - lo dice la storia - ostinati fino al delirio. Ma la grandissima parte della razza homo sapiens è dotata di una cosa che si chiama cuore, che non è un muscolo del torace ma dell'anima. Non inganna, alla lunga.

Io ci conto. Ci sono testimonianze che spezzano le ossa dei carnefici e ridestano quelle dei morti-di-dentro. Ho in mente Massimiliano Kolbe, frate francescano, ad Auschwitz, che si offrì al boia al posto di un padre di famiglia.

Mi balza negli occhi l'immagine di padre Dall'Oglio, ostaggio ancora dello Stato islamico. Kolbe e Dall'Oglio, che esempio.

I terroristi del Califfo non sono samurai invincibili. E noi non siamo tutti «uomini vuoti, uomini impagliati»(Eliot), forse c'è del buono in mezzo a noi.

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