Addio al fotografo dei vip che ha raccontato un'epoca

Ha illustrato iil boom degli anni 80. Davanti al suo obbiettivo tutti i big: da Armani ad Agnelli.

Addio al fotografo dei vip che ha raccontato un'epoca

«È bene che io continui a evitare di mettermi in posa davanti a un professionista di assoluta valentia come lei» gli scrisse Enrico Cuccia uno dei pochi potenti della terra a rifiutare un suo ritratto. Riccardo Muti gli fece invece scrivere dal segretario una secca lettera per proibirgli l'uso delle foto scattate dopo aver tagliato i capelli molto corti. Il maestro non sapeva che quella pellicola era già finita nel cestino. «Era irriconoscibile, non corrispondeva più alla sua immagine artistica, un disastro: Muti senza capelli è come Sansone, perde le forze» diceva Bob Krieger ricordando a malincuore l'episodio. Nato nel 1936 ad Alessandria d'Egitto, il celebre fotografo ritrattista di Agnelli, Giorgio Armani, Miuccia Prada, Bill Gates, Christian Barnard, Yaki Elkann, Carlo Bo, Umberto Veronesi e Carla Fracci giusto per citare qualche nome in ordine sparso, è improvvisamente scomparso l'altro giorno a Santo Domingo dove si trovava da più di due mesi, bloccato dal lockdown dopo una breve vacanza invernale.

La morte l'ha colto a due ore dalla partenza del volo che l'avrebbe portato in Italia, Paese in cui viveva dal lontano 1967 e che amava con tutto il cuore. Una volta l'abbiamo visto scattare in piedi e mettersi la mano sul petto quando dalla suoneria del telefonino di una delle sue più care amiche uscirono le note inconfondibili dell'inno di Mameli. Eppure in pochi possono vantare origini tanto cosmopolite. Suo padre era un nobile prussiano («Il mio bisnonno era l'ultimo esponente del Sacro Romano Impero» amava dire con un mezzo sorriso tra il serio e il faceto) mentre la madre era un'elegante signora napoletana pronipote del pittore Giuseppe Cammarano, autore di rimarchevoli affreschi nella reggia di Caserta e al Teatro San Carlo. «Quando le dissi che volevo venire a Milano per fare il fotografo si mise a piangere: mi vedeva già in piazza Duomo a fare il ritratto dei turisti tra i piccioni» raccontava con lo stesso mezzo sorriso usato per il Sacro Romano Impero. Fu chiamato Bob come il padrino, un maggiore dell'esercito inglese, discendente di Robert Peel, primo ministro laburista della Regina Vittoria e fondatore dei cosiddetti Bobbies. A completare il quadro c'è anche un'istitutrice d'eccezione come la principessa Margherita di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele III, ma tutto questo non basta a spiegare lo stile di un uomo che ha trattato con la stessa impeccabile cortesia gli umili e i potenti. Di questi ultimi divenne il ritrattista ufficiale e in molti casi anche l'amico, uno che a detta dell'imprenditore toscano Alessandro Bastagli «aveva un'enorme carica umana, potevi fidarti ciecamente di lui sia che si facesse una partita a gin rummy in vacanza, sia che si scattasse un importantissimo servizio fotografico».

Fu lui a firmare il celeberrimo ritratto con cui nel 1982 Giorgio Armani finì in copertina sul Time con quel titolo «Gorgeous Giorgio» che ancora oggi sul mercato americano è una specie di investitura. Tra i due nacque quella che Krieger definiva un'amicizia discreta, con tante cose in comune a partire dall'amore incondizionato per Milano. Non sorprende, infatti, il commosso ricordo che il più famoso tra i nostri stilisti ci ha voluto consegnare: «Bob Krieger per me è stato un amico. È stato Milano. È stato la moda prima ancora che la moda diventasse il fenomeno sfolgorante degli anni Ottanta. In anticipo sui tempi e sempre perfettamente contemporaneo. Ho sempre trovato straordinaria la sua capacità di intuire il carattere delle persone e di raccontarlo nella verità di uno scatto fotografico, che non era mai un'imboscata, ma il risultato della sua incredibile gentilezza, della discrezione con cui si avvicinava alle persone. Era un vero gentiluomo, una parola che oggi è quasi uscita dal nostro vocabolario».

La pensa così anche Gimmo Etro che definisce Krieger «Il fotografo di casa, uno che sapeva cogliere sempre l'essenza delle cose e delle persone». Piero Piazzi, celeberrimo agente di modelle con alle spalle una fulminante carriera da top model trattiene a fatica le lacrime nel ricordare di quando Bob cancellò all'ultimo momento un famosissimo modello americano per prendere lui che all'epoca era un esordiente: «mi trovava più giusto e più educato e per lui l'educazione contava tantissimo, era un uomo di rara eleganza, in tanti anni non gli ho mai sentito alzare la voce».

Ha pubblicato moltissimi libri, fatto mostre strepitose (l'ultima giusto un anno fa a Palazzo Morando) e ha ottenuto riconoscimenti d'ogni tipo. Il più bello di tutti gli è arrivato per fortuna in vita quando il pianista cinese Lang Lang eseguì un brano di Liszt solo per lui seduto nel Palco Reale della Scala vuota.

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