Bologna coccola i violenti: nasce la cittadella black bloc

A 48 ore dallo sgombero del centro sociale Làbas, il Comune trova un'area destinata agli antagonisti

Bologna coccola i violenti: nasce la cittadella black bloc

Chissà cosa ne pensano a Bologna le centinaia di famiglie disagiate che, da anni, sono in graduatoria nella vana attesa dell'assegnazione di un alloggio popolare. Loro lì, nel rispetto della legge, a sgranare il rosario della speranza; mentre a «quegli altri», che della legalità si fanno beffe, il Comune offre a tempo di record una nuova casa. «Quegli altri» sono gli antagonisti del centro sociale Làbas che, già a 48 ore dallo sgombero dell'ex caserma Masini occupata abusivamente dal 2012, hanno ottenuto da Palazzo d'Accursio una controfferta per un domicilio alternativo. E che domicilio: mica un fatiscente capannone periferico, bensì un'area dismessa ma di grandissimo pregio storico e architettonico a pochi minuti dal centro e che - fino a qualche tempo fa - era candidata ad ospitare il Tribunale o un nuovo polo universitario. Poi non se ne fece nulla: nel primo caso per l'opposizione di avvocati e altri operatori giudiziari; nel secondo caso perché l'attuale rettore dell'Alma Mater non ha ratificato la bozza d'accordo che il suo predecessore aveva stipulato tra ateneo e Comune. Stiamo parlando dell'ex Staveco (Stabilimento veicoli da combattimento): ardimentoso villaggio industriale da 90mila metri quadrati la cui proprietà passerà a settembre dal Demanio a Invimit, la società di gestione del risparmio del ministero dell'Economia e delle Finanze. Ma ora nel futuro dell'ex Staveco non c'è più l'ipotesi di una «cittadella della giustizia», né quella di «campus didattico», bensì una meno prestigiosa riconversione in «comunità degli antagonisti».

Del resto a Bologna, se fai parte di quella variegata galassia «movimentista» che tifa per no-global, black bloc, autonomi, anarchici, collettivi studenteschi e via barricando, qualcuno dall'anima rossa e col cuore a sinistra che ti aiuta, lo trovi di sicuro; la nostalgia decadente per il '68 e quella crepuscolare per il '77 non sono necessarie, ma aiutano. E così ecco che, a due giorni dagli scontri con la polizia, gli attivisti del centro sociale Làbas sono stati immediatamente «premiati». Matteo Lepore (Pd), assessore comunale all'Economia e Promozione della città, Immaginazione civica («Immaginazione civica»?), Sport e Patrimonio del Comune, ieri aveva quasi le lacrime agli occhi: «Possiamo salvaguardare il prezioso patrimonio politico e sociale di Làbas, rispettandone l'autonomia e conservandone il radicamento. A Bologna Làbas ha saputo generare sul campo una sana esperienza di cura del bene comune. Per questo, lo sgombero di martedì ci ha fatto male e ha interrotto bruscamente quello che probabilmente a molti non piace: un dialogo». Ma che l'altroieri - a seguito del «dialogo» in piazza quelli di Làbas - siano stati feriti una decina di poliziotti, il sentimentale assessore (dalle mille qualifiche) lo ha dimenticato. E il sindaco Virginio Merola che dice? Al momento è in vacanza in Sardegna e dalla spiaggia non ha preso le distanze dal passionale intervento pro-Làbas di Lepore, che vedrebbe bene tra i falansteri Staveco «anche altre realtà sociali simili a Làbas». Come, ad esempio quella del Cua (Collettivo universitario autonomo), reduce da un «grande successo»: la riapertura della biblioteca universitaria di via Zamboni 36, la stessa che nel febbraio scorso fu sgomberata dalla polizia perché si era trasformata addirittura in una piazza di spaccio.

Per evitare ulteriori illegalità (furti, minacce, aggressioni) il rettore aveva fatto installare all'ingresso dei tornelli di sicurezza. Quelli del Cua li avevano divelti. Dopo il blitz della polizia la biblioteca fu devastata ed è rimasta chiusa fino a due settimane fa. Ora l'hanno riaperta. E i tornelli all'ingresso non ci sono più.

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