L'Italia, uno dei Paesi (l'altro è la Francia) che ha dato origine a Stellantis, per Carlos Tavares è diventata un campo di battaglia. E il suo recente intervento alla Commissione Attività Produttive della Camera ha accentuato lo scontro sia con le forze politiche sia con i sindacati. L'ultimo atto di questa bagarre riguarda la decisione della Lega di lanciare, su Stellantis, quella che definisce «l'operazione-verità». Il partito, che fa parte della coalizione di governo, si dice pronto «a ogni iniziativa parlamentare - a partire da una serie di interrogazioni - per chiedere quanto denaro pubblico ha incassato il gruppo negli anni, quanti lavoratori italiani sono stati licenziati o messi in cassa integrazione e quanti stabilimenti sono stati aperti all'estero». Segue un messaggio di piena solidarietà ai lavoratori dell'automotive e, in particolare, a quelli del gruppo Stellantis.
Secondo Matteo Salvini, leader del partito e vicepremier, l'ad Tavares, che ha approfittato dell'incontro con i deputati per sollecitare nuovi incentivi, «non è più in condizione di chiedere niente per come è stata mal gestita e male amministrata un'azienda storica italiana». Più che un attacco al top manager, le parole di Salvini suonano come un vero atto di sfiducia nei confronti di Tavares il quale «dovrebbe vergognarsi e chiedere scusa». Anche il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, non è stato tenero: «Una pazzia la richiesta di nuovi aiuti». Tavares, di fatto, ha contro tutti, indistintamente dai colori politici e dalle appartenenze sindacali, ed è oggetto di attacchi anche dall'interno, celati o palesi, come nel caso delle reti dei concessionari europei. A dargli fiducia, per ora, restano il presidente John Elkann e il cda che ha dato l'ok al rimpasto dei manager. Sarà così sino alla scadenza del contratto dell'ad nel 2026?
«Penso che le bugie non allungano la vita», afferma il capo Fiom-Cgil, Michele De Palma. «Durante l'audizione dell'11 ottobre - ricorda il sindacalista - Tavares ha sostenuto che Stellantis non ha intenzione di abbandonare l'Italia. Ma i fatti dicono che in 10 anni l'azienda ha perso, nel nostro Paese, 14mila occupati. Nel 2024, inoltre, la produzione è crollata del 35%, nonostante i 950 milioni di incentivi pubblici all'acquisto di auto. Due settimane fa, a Modena, poi, è stata rimossa la targa dell'Innovation Lab (azione anticipata mesi fa dal Giornale) creato da Sergio Marchionne, mentre prima era stato chiuso, a Grugliasco, il Giovanni Agnelli Plant».
Si avvicina, intanto, il 18 ottobre quando, a Roma, i sindacati hanno organizzato una manifestazione di protesta e uno sciopero di otto ore del settore automotive. Ferdinando Uliano, segretario generale Fim-Cisl: «Servirà a scuotere le coscienze e la responsabilità di Stellantis, delle aziende della componentistica e delle istituzioni».
Intanto, c'è chi si chiede se Stellantis, lanciato il profit warning sui conti del 2024, manterrà le promesse sul dividendo, questione sulla quale Tavares nei giorni scorsi ha detto che Stellantis manterrà le promesse, senza però escludere tagli anche nel 2025. In Borsa, tra l'altro, l'andamento del titolo figura tra i peggiori del settore automobilistico europeo. Barclays, come riporta Reuters, sostiene che la forte riduzione del free cash flow di Stellantis ha sollevato dubbi sul potenziale di dividendo e di buyback.
E sempre da Reuters, ecco una riflessione di Bernstein: «Sotto la guida di Tavares, Stellantis è stata vista come esempio di gestione costruttiva, con grande attenzione al controllo di scorte e prezzi. Gli investitori potevano dormire la notte, sicuri che il negozio fosse in mani sicure. Ma... eravamo troppo compiacenti».
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