Alla fine, come previsto, lo spareggio dei gazebo, domenica prossima, sarà tra Bonaccini e Schlein.
Ieri si è chiusa la lunga tornata dei congressi di circolo (quelli in cui votano solo gli iscritti al Pd), e i numeri ufficiali danno il governatore emiliano in testa con il 52,6% dei voti, la sua ex vice oggi deputata al 34,8%, Gianni Cuperlo al 7,9% e Paola De Micheli al 4,2%. Il dato più significativo, al di là delle percentuali (che più o meno rispettano le aspettative della vigilia) è quello dei votanti: 150mila partecipanti che sono andati a votare al proprio circolo, un numero non proprio trascurabile in tempi in cui partecipazione e democrazia interna ai partiti sono ridotte al lumicino. Per fare un parallelo, le «consultazioni online» (e del tutto incontrollabili) per plebiscitare Giuseppe Conte alla guida del M5s hanno visto una partecipazione dichiarata di appena 50mila iscritti, e dal sofà di casa.
Ora però saranno le urne aperte delle primarie a decidere tra i due nomi in testa, e qui il gioco potrebbe cambiare perché chiunque può partecipare. Lo si capisce anche dalle mosse un po' agitate dei supporter di Elly Schlein, che devono tentare la rimonta. Il loro portavoce Francesco Boccia tenta di provocare il riflesso di Pavlov del «popolo progressista» agitando la muleta rossa sotto il muso del toro: il nome dell'odiato Matteo Renzi (l'accusa assai sovietica che viene fatta a Bonaccini è quella di essere stato troppo benevolo con lui, e di non aver tagliato la testa di Renzi da tutte le foto come, disciplinatamente, hanno fatto molti altri) e la sua principale - e più efficace - riforma, ossia il Jobs Act.
«Elly vuole il superamento di quell'errore - dice Boccia - lei era in piazza con la Cgil quando tutto il gruppo dirigente che oggi sta con Bonaccini votava il Jobs Act». Il tentativo è chiaro: per tentare di ribaltare i risultati, il campo Schlein si aggrappa alla speranza che la Cgil di Landini (e Camusso) spedisca le sue truppe alle primarie, insieme a un po' di sinistra movimentista e salottiera eccitata dal nome di Renzi. Funzionerà? Lo si capirà domenica sera. Intanto, Boccia si becca la replica puntuta della bonacciniana Pina Picierno: «Evitiamo di rendere ridicolo il dibattito. Tutti sanno che da Andrea Orlando, a Chiara Gribaudo, fino a Chiara Braga, Roberto Morassut e al responsabile del programma della mozione Schlein, Antonio Misiani, passando per Nico Stumpo fino al segretario di Articolo Uno, Roberto Speranza, tutti, compattamente, votarono a favore del Jobs Act. Si può riflettere su cosa non ha funzionato in quella riforma, ma evitiamo le caricature». A preoccupare il fronte Bonaccini c'è il dato del voto metropolitano: a Roma e Milano vince (di poco) Schlein. Era nel conto, perché da Zingaretti a Majorino i big locali sono schierati con lei, ma è vero che alle primarie si vota più in città che in provincia, e il voto di opinione conta più di quello di partito. E per Bonaccini è importante anche vincere bene: «Per essere libero dai lacci e lacciuoli correntizi, deve vincere sopra al 60%», spiegano i suoi.
Altrimenti rischia di essere costretto a cercare il compromesso con i capibastone interni (da Orlando a Franceschini a Bettini a Zingaretti) che sostengono Schlein, e che - se lei perdesse di poco - punteranno ad imporla come capogruppo alla Camera. Ossia una delle poche postazioni chiave per decidere la linea di un partito di opposizione.
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