Bongino, l'estremista dei podcast all'Fbi

Nuova nomina choc di Trump: un fedelissimo del tycoon numero due di Patel

Bongino, l'estremista dei podcast all'Fbi
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Sono durate poco le rassicurazioni di Kash Patel sulla scelta del suo vice. Il neo direttore dell'Fbi, un fedelissimo di Donald Trump, aveva garantito che il nuovo «deputy director» del Bureau sarebbe stato scelto tra le fila delle migliaia di funzionari e agenti speciali di carriera. Rassicurazioni fornite prima negli incontri privati con i senatori repubblicani, che avevano preceduto la sua conferma. Poi, in quelli con i vertici della Fbi Agents Association, che rappresenta migliaia di dipendenti dell'agenzia. Tutto archiviato. Domenica sera, Donald Trump annunciava la nomina come vice direttore di un altro «loyalist» esterno ai ranghi dell'Fbi. Si tratta di Dan Bongino, ex poliziotto a New York, ex agente del Secret Service, diventato una voce popolarissima nell'universo di commentatori e podcaster conservatori che in questi anni hanno sostenuto il ritorno del tycoon alla Casa Bianca. «Una grande notizia per le forze dell'ordine e la giustizia americana!», scriveva Trump su Truth, definendo Bongino «un uomo di incredibile amore e passione per il nostro Paese».

La scelta si discosta drasticamente dalla tradizione che ha governato l'Fbi per tutta la sua storia e che ha sempre visto la nomina di un interno per il ruolo di numero due, incarico non politico che non deve essere sottoposto a conferma da parte del Senato. Bongino, che non ha mai lavorato per l'Fbi e ha alle spalle anche tre fallite candidature al Congresso come repubblicano (due in Maryland e una in Florida), sarà responsabile delle operazioni quotidiane del Bureau. Nell'annunciare la scelta, Trump ha assicurato che Bongino rinuncerà al suo podcast. La nuova nomina ha sicuramente alimentato ulteriori tensioni all'interno dell'Fbi, diventata durante la campagna presidenziale uno dei bersagli preferiti di Trump e dello stesso Patel, per il presunto ruolo politico assunto durante la presidenza Biden e, prima ancora, per la vicenda «Russiagate», spina nel fianco del tycoon durante il suo primo mandato.

Prima dell'insediamento di Patel e dell'arrivo di Bongino, l'Fbi era guidata dal direttore ad interim Brian Driscoll e dal vice Robert Kissane. Entrambi si erano opposti alla richiesta del dipartimento di Giustizia di fornire una lista dei funzionari e degli agenti (migliaia) che avevano partecipato alle indagini sugli assalitori del Campidoglio del 6 gennaio 2021, poi perdonati da Trump. Un rifiuto l'ha opposto anche Patel alla richiesta di Elon Musk, che con una mail aveva intimato ai dipendenti delle varie agenzie federali di rispondere entro la mezzanotte di lunedì alla richiesta di elencare i compiti svolti nella settimana precedente, pena il licenziamento. «Non rispondete», il contrordine del direttore dell'Fbi. Stessa posizione assunta anche dai capi di Pentagono, dipartimento di Stato e National Intelligence.

È un segnale della crescente insofferenza in alcuni settori dell'amministrazione verso l'attivismo del miliardario e del suo Doge taglia-burocrazia. La mail di Elon è «grandiosa», è stato il commento di Trump, intervenuto ancora una volta in difesa del suo consigliere.

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