La Lombardia diventa da un giorno all'altro arancione scuro come l'umore dei suoi cittadini, ma è uno status che durerà probabilmente pochi giorni, perché con i numeri con cui si confronterà oggi, pare inevitabile che la cabina di regia decida per il rosso diretto da lunedì. Un destino a cui, lo diciamo da giorni, va incontro mezza Italia. E forse meglio una decisione drastica e unica piuttosto che questo lento strip tease delle nostre libertà.
IL CASO LOMBARDIA.
La Lombardia, dunque. nettamente prima regione italiana per popolazione e Pil. Ieri con una decisione improvvisa ma non inattesa, il presidente del Pirellone Attilio Fontana ha firmato l'ordinanza che da oggi (e fino al 14 marzo, ma è una data a cui non ci affezioneremmo) istituisce l'arancione scuro: chiuse tutte le scuole tranne gli asili nido; niente spostamenti nelle seconde case; niente visite a parenti e amici; accesso ai negozi solo per un componente per nucleo familiare. Un provvedimento reso necessario dall'incremento dei contagi degli ultimi giorni, che peraltro i dati di ieri (5.174 nuovi casi con il 9,66 per cento di tamponi positivi rispetto a quelli totali, 1.200 nella provincia di Milano, 1.114 in quella di Brescia) contribuiscono ad avvalorare. Ma sono i numeri degli ultimi sette giorni, quelli del Cts sulla cui base la cabina di regia decide il venerdì, che condannano la regione. Secondo i nostri calcoli dal 26 febbraio a ieri si sono contati 28.643 nuovi contagi, rispetto ai 20.781 del periodo 19/25 febbraio, con un aumento del 37,83 per cento. In sette giorni si sono conteggiati 285,64 nuovi positivi ogni 100mila abitanti, quando il livello di guardia fiddato dal ministero della Salute è di 250. Fuori legge anche il numero di posti in terapia intensiva occupati da pazienti Covid: 532 su un totale di 1.248, vale a dire il 42,63 per cento, ben sopra il 30 per cento del pulsante rosso. La prospettiva che da lunedì tutta la regione e non solo le attuali «isole» (le intere province di Brescia e Como a alcuni comuni del Cremonese, del Mantovano e del Milanese) sia in rosso è quasi inevitabile.
L'ITALIA PEGGIORA.
Ma tutta la penisola vede peggiorare i propri indicatori. Ieri si sono contati 22.865 nuovi contagi, il numero più alto del 2021 (per trovare un dato superiore dobbiamo risalire ai 23.477 del 31 dicembre scorso), con il 6,73 per cento di tamponi positivi sui 339.635 refertati (mercoledì era il 5,82) che sale al 12,49 se si tiene conto solo dei molecolari. I morti sono stati 339, ma sappiamo bene come questo dato per quanto lugubre sia meno significativo del momento. Lo sono invece i dati ospedalieri, che fanno paura: 446.439 attualmente positivi (50.296 in più in sette giorni), 22.632 ricoverati complessivi (+2.207 i sette giorni), 2.475 in terapia intensiva, il dato più alto dal 19 gennaio. L'aumento è di 64 unità, per il quindicesimo giorno consecutivo c'è il segno + e soprattutto il tasso di occupazione dei pazienti gravi rispetto ai posti complessivi si avvicina alla soglia del 30 per cento: siamo al 28,01.
CHI RISCHIA IL ROSSO.
Ma non tutta l'Italia segue lo stesso percorso. Molte regioni corrono oggi il rischio di raggiungere Basilicata e Molise in zona rossa: oltre alla Lombardia c'è la Campania, che sembra rassegnata a giudicare da quanto detto ieri dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris: «I dati in Campania e anche a Napoli sono in crescita, credo quindi che la zona rossa sia inevitabile». Ieri 2.780 contagi (l'11,59 per cento dei tamponi), 16.652 negli ultimi sette giorni (291,52 ogni 100mila abitanti) e 140 terapie intensive covidizzate su 620. L'Emilia-Romagna sta messa peggio di tutti anche a causa dei focolai del Bolognese e del Modenese: 388,49 contagi settimanali ogni 100mila abitanti e il 34,21 per cento delle terapie intensive occupate. Quasi certamente in rosso anche Marche (304,82), Friuli-Venezia Giulia (274,91) e le province autonome di Trento (345,42) e Bolzano (344,83). In bilico Piemonte (233,90), Toscana (210,83) e Abruzzo (238,57). Rischiano di passare dal giallo all'arancione Lazio, Liguria, Puglia e Veneto. La Sardegna resterà in bianco ma resterà solissima nel suo splendido isolamento.
IL TRIONFO DELLE VARIANTI.
Ormai è chiaro, la variante inglese ha preso il sopravvento.
Ieri la fondazione Gimbe, nel suo report settimanale, ha scritto che rispetto all'indagine dell'Iss che stimava al 18 febbraio una prevalenza della variante inglese al 54 per cento, di quella brasiliana al 4,3 e di quella sudafricana allo 0,4 «la diffusione attuale è sicuramente maggiore ed è pertanto fondamentale essere realmente tempestivi nell'istituzione delle zone rosse».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.