Il terzo polo? Sogna un ballo a palazzo (Madama), per riportare l'Italia al centro «sul serio». Parola del frontman Carlo Calenda, che con il compagno d'avventura Matteo Renzi sogna di stoppare Giorgia Meloni proprio in Senato, scommettendo su un pareggio al proporzionale che non conceda margini alla coalizione di centrodestra per governare in solitudine e che assegni ad «Italia sul serio» il ruolo che il leader di Azione sogna, quello di compattatore di una coalizione di larghe intese per riportare Mario Draghi a Palazzo Chigi per governare in piena continuità con l'esecutivo uscente.
Il piano è il solito. Il primo punto è stoppare il centrodestra almeno al Senato, almeno per i due terzi dei seggi assegnati con il proporzionale: non a caso sia Calenda che Renzi faranno i capilista qui. Il primo in Emilia-Romagna, Lazio, Piemonte, Sicilia e Veneto, l'ex premier in Campania, Lombardia (1 e 2), Puglia e Toscana. Sfidando, rispettivamente, Emma Bonino nel Lazio Calenda e Berlusconi (in Campania e in Lombardia) Renzi. E al proporzionale in Senato verranno schierate anche Mariastella Gelmini e Teresa Bellanova.
Il secondo punto è strappare un risultato elettorale che dia un senso al progetto, e non è facile. Nel cartello elettorale Azione-Iv si dice di puntare al 10 se non al 15%, un dato che darebbe forza al sogno di riportare Draghi a Palazzo Chigi. E anche ieri, presentando il programma a Roma con le ministre ex azzurre Gelmini e Carfagna, la titolare del dicastero della Famiglia Elena Bonetti e, per Iv, la capogruppo a Montecitorio Maria Elena Boschi, Calenda ostentava ottimismo. Rispolverando quel 19,8 incassato alle ultime comunali romane dalla civica che sosteneva la sua candidatura a sindaco della Capitale come possibile riferimento elettorale. «Si può vincere come abbiamo fatto a Roma, dove i sondaggi ci davano al 6 per cento e abbiamo chiuso al 20 per cento», ha ribadito. Prevenendo l'ovvia constatazione che i sondaggi inchiodano «Italia sul serio» nemmeno al 6, ma intorno al 5 per cento (tra 5,1 e 5,3 stando alle ultime rilevazioni), quota inferiore a quella richiesta per essere alternativa credibile ai due poli e a quella al di sotto della quale il progetto di «tagliare le ali» alle estremità delle due coalizioni per far gruppo al centro nel nome di Draghi è difficile da realizzare.
Nel frattempo però i segnali di apertura verso i moderati non mancano, tra strizzatine d'occhio al presidenzialismo, convergenze su garantismo, tasse e riforme e pollice su al rilancio dell'energia nucleare, nel programma di centrodestra ma rispolverata ieri anche da Calenda: «Abbiamo bisogno di un'energia costante che non emetta: l'unica energia costante che ha emissioni zero si chiama nucleare».
L'impressione però è che per la scommessa sullo sgambetto al centrodestra, servirebbe una propulsione atomica proprio per spingere in alto i numeri del cartello Renzi-Calenda, che non decollano quando al voto mancano una quarantina di giorni. Lo stesso Renzi, che ha lasciato al «socio» il ruolo di leader della coalizione, sembra più prudente del leader di Azione.
L'altro giorno ha avvertito i suoi nella chat del gruppo parlamentare che molti resteranno a casa, visto che soltanto nella migliore delle ipotesi l'alleanza potrebbe aggiudicarsi una trentina di seggi, comunque da «smezzare» con Calenda. E ieri parlando a Radio24 ha schivato una domanda sul traguardo del 10 per cento, spiegando che per lui «non c'è un obiettivo numerico ma c'è un obiettivo politico». Che senza numeri, però, diventerebbe complicato.
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