Camicie bianche, golfini e selfie: la mutazione genetica del partito delle salamelle

Il cambio di look

Camicie bianche, golfini e selfie: la mutazione genetica del partito delle salamelle

Roma - Due ragazzi sui diciott'anni sono in fila all'ingresso del teatro Eliseo di Roma. «Tu dove abiti?», chiede il più grande dei due. «In piazza Barberini, c'è di peggio», risponde l'altro facendo l'occhiolino. Camicie bianche, maglioncini di cotone oppure giacca, con o senza cravattino. Occhiali da sole sulla testa, che affondano tra le acconciature alla moda. Benvenuti alla festa per i dieci anni del Partito democratico, nel quarto anno di Matteo Renzi alla segreteria. La creatura immaginata da Romano Prodi, Piero Fassino e tutta la vecchia ditta ha cambiato forma. E al di là delle scissioni e dei bisticci, il segno più evidente della mutazione del Pd sono i suoi giovani, così diversi dalla generazione cresciuta tra i padiglioni delle feste dell'Unità. Addio vino a buon mercato, salsicce e bancarelle. Oggi è tempo di cellulari tanto grandi da sembrare tablet, barbe curate e parole d'ordine più moderne, mutuate dal lessico del leader.

«Voi siete di Classe Dem?», chiede un usciere all'ingresso della platea a un gruppo di ragazzi. Loro rispondono di sì, e vengono lasciati passare. Gli alunni della scuola di formazione politica del Pd vanno a sedersi a pochi metri dai ministri e dai maggiorenti del partito, mentre i giornalisti e una parte dei militanti più anziani vengono spediti in piccionaia. È un segnale di quanto Matteo Renzi e i suoi contino sulle nuove leve. Il decimo compleanno del Pd, che nel 2007 fu tenuto a battesimo da molti tra coloro che oggi lo hanno abbandonato, arriva nell'anno più difficile. All'Eliseo, i vecchi compagni confluiti in Mdp sono il convitato di pietra, e sia Renzi che Veltroni li citano più volte nei loro discorsi, criticandoli, mentre il premier Paolo Gentiloni invita a lasciarsi alle spalle «le discussioni del passato». Ma non tutti i mali vengono per nuocere. Lo strappo dei bersaniani e la diserzione di Romano Prodi e dei suoi uomini, che non si sono presentati alla kermesse di ieri mattina, forse ha soltanto accelerato la transizione verso il partito che Renzi ha in mente.

Al termine dell'intervento del leader, che ha parlato per ultimo, dopo Veltroni e Gentiloni, un gruppo di oltre venti ragazzi e ragazze si precipita sul palco ad abbracciarlo. Sono alti, ben vestiti, sorridono e stringono mani. Nella foto finale sul palco, l'ex premier vuole che ci siano anche loro. Sono la sua ipoteca sul futuro del Pd, e bisogna che tutti li vedano. Quando la gente comincia a uscire dal teatro, alcuni adolescenti lo circondano, quasi lo scortano fino all'uscita sul retro, tra un selfie e una pacca sulla spalla.

Anche tra i giovani c'è però chi non sta dalla parte del segretario. «Noi veniamo da Imperia e da Ventimiglia, e il nostro punto di riferimento è Andrea Orlando, ligure come noi. Non siamo renziani per niente», assicurano due ragazzi all'uscita, subito aver salutato Veltroni.

Anche il loro look però è molto curato, come quello dei fan più sfegatati di Renzi. Tra le balconate dell'Eliseo, prima che Veltroni salisse sul palco, risuonava la Canzone popolare di Ivano Fossati, vecchia colonna sonora dell'Ulivo. Ultime vestigia di un'epoca che, dieci anni dopo, si è conclusa.

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