Un po' da una parte, un po' dall'altra. Ma senza mai pendere troppo né di qua né di là. La battaglia di Bakhmut continua in questo modo ormai da mesi, con la pressione russa sulla città portata avanti dai mercenari della Wagner e la stoica difesa ucraina che continua a oltranza. Ma oltre alla battaglia, pesante e drammatica, sul campo, non si ferma nemmeno quella a parole, con tanto di propaganda e polemiche. Ancor più feroci, perché al centro c'è proprio la brigata Wagner, di fatto abbandonata dallo stato maggiore russo.
Il ministro della Difesa russo Shoigu non arretra: «La liberazione di Bakhmut continua», h detto, aggiungendo che la città nel Donbass, una volta caduta, consentirà ai russi di «avanzare in profondità nelle difese ucraine». Le autorità filorusse in Donbass rilanciano dicendo che controllano ormai «quasi la metà» della città con «un ritiro caotico di vari piccoli gruppi di soldati ucraini». Ma la realtà che si racconta sul campo è differente. Il leader dei Wagner Evgenij Prigozhin, dopo aver attaccato Mosca accusandola di sabotaggio, spiega che sono in corso «battaglie pesanti sia di giorno che di notte, ma gli ucraini non stanno scappando da nessuna parte», e anzi frena: «Smettiamo di correre davanti alla locomotiva e dire che abbiamo preso Bakhmut e cosa succederà dopo. In una triste storia su un orso non ucciso, si dice che non condivideremo la pelle, ma nessuno parla delle conseguenze del tentativo di rimuovere questa pelle da un orso ancora vivo. Uccidiamo con calma questo orso. Credetemi, stiamo facendo di tutto per questo, anche se non ci vengono ancora fornite munizioni, equipaggiamento militare, armi e veicoli». Nessuna caduta, nessuna svolta quindi. Ma scontro aperto tra Prigozhin e il resto dell'establishment russo, preoccupato dall'aumento di potere e autorevolezza di colui che fino a poco tempo era vicinissimo a Putin. Mentre il britannico Guardian racconta che le sue milizie hanno subito dalle 20mila alle 30mila perdite sul campo, il consiglio dei ministri ucraino ha approvato l'evacuazione obbligatoria dei bambini da Bakhmut. «Il dovere dello Stato è proteggere la vita e la salute del bambino», ha detto il vice primo ministro Irina Vereshchuk. Le autorità di Kherson invece hanno invitano gli abitanti a lasciare la città per sfuggire al «bombardamento sistematico e massiccio» da parte dei russi.
Ma le polemiche non riguardano solo Bakhmut. Ha un nome il soldato ucraino ucciso a sangue freddo dai russi che hanno diffuso il video dell'esecuzione. Si chiamava Tymofiy Mykolayovych Shadura, militare della 30ª brigata meccanizzata separata. Il video ha indignato il mondo e rappresenta un'escalation tragica nel conflitto. Uccidere in quel modo un prigioniero disarmato, è a tutti gli effetti un crimine di guerra. Al di là dell'indagine internazionale chiesta dagli ucraini potrebbe essere la scintilla per ulteriori atti di violenza al di fuori da ogni convenzione internazionale. Il fatto poi che il soldato, prima di essere fucilato, abbia gridato «gloria all'Ucraina», fa di lui un simbolo per Kiev e rappresenta un clamoroso autogol per Mosca, anche dal punto di vista propagandistico.
Propaganda al centro del caso del sabotaggio del gasdotto Nord Stream. Secondo fonti di intelligence citate dal New York Times, la responsabilità dell'attacco dello scorso ottobre sarebbe di un gruppo pro-ucraino. Non ci sarebbe nessuna prova che il presidente ucraino Zelensky e i suoi collaboratori fossero coinvolti e nemmeno informati dell'operazione. Da subito il sabotaggio è stato oggetto di accuse e minacce tra russi, ucraini, americani e britannici senza che fossero mai accertate le responsabilità.
«Ci sono tre inchieste in corso, aspettiamo la fine delle indagini», ha liquidato l'indiscrezione il portavoce per la sicurezza nazionale usa John Kirby. Un altro fronte in un cui l'unica certezza è il caos, di cui l'Ucraina resta l'epicentro mondiale.
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