Sparano i cannoni sul Gianicolo, ventuno colpi, volano le Frecce Tricolori spargendo fumi colorati sul centro di Roma, giura il presidente, sempre lo stesso, sulla Costituzione. Tutto già visto, tutto già fatto ma, spiega Sergio Mattarella, «non mi potevo sottrarre, la situazione era complicata e qui dobbiamo costruire l'Italia del dopo emergenza». Sì, la politica si era bloccata, ce la siamo vista brutta, pure Palazzo Chigi ha ballato. «Abbiamo vissuto giorni travagliati, il rilancio del Paese avviato dal governo Draghi, le risorse, le prospettive di ripresa e le attese dei cittadini sarebbero stati compromessi dal prolungarsi dell'incertezza e delle tensioni». Ora guardiamo più in là, «insieme e con responsabilità verso il futuro». Servono riforme economiche, sociali, nel lavoro, nel funzionamento del Parlamento, nei partiti, che si devono «aprire alla gente, capire meglio le esigenze». E della giustizia. «Bisogna recuperare efficienza, credibilità, fiducia, certezza del diritto, abbandono delle logiche di appartenenza», cioè basta con le correnti velenose del Csm. Intanto Mario Draghi, «che ringrazio per il suo lavoro», vada avanti nell'operazione salvataggio.
«Stabilità», questa è la chiave, questa è l'immagine finale rilanciata della coppia dei presidenti, uno accanto all'altro davanti all'Altare della patria prima di un incontro a quattr'occhi al Quirinale. «La coralità delle istituzioni rappresenta lo spirito giusto per accompagnare la nuova fase, la normalità del dopo pandemia». La vecchia, secondo il capo dello Stato, non si è chiusa molto bene, visto lo spettacolo per le elezioni del Quirinale. Anzi, non si è chiusa affatto. «Non possiamo permetterci ritardi o incertezze, la lotta contro il virus non è finita». La campagna di vaccinazioni ha molto ridotto i rischi, però «non sono consentite esitazioni». E incombono i miliardi del Pnrr. «L'Italia è al centro della ripresa, siamo i maggiori beneficiari del programma Next generation e dobbiamo rilanciare l'economia. Su questi temi è intensamente impegnato l'esecutivo che ora è proiettato a superare l'emergenza». Dopo una settimana di stallo, metterlo a rischio sarebbe stato irresponsabile, da qui nasce la decisione di Mattarella di accettare il bis.
E si tratta di un vero e pieno secondo mandato, con tanto di ambizioso programma di settennato, «rafforzare l'Italia e metterla in grado di orientare il processo per rilanciare l'Europa». Il presidente, calmo, quasi serafico, del tutto padrone della situazione, parla per una mezz'ora tra i battimani dei grandi elettori che lo interrompono di continuo, 55 volte. Altro che strigliata, il parlamentarista Mattarella invita gli eletti dal popolo a tornare ad essere il cuore del sistema, «valorizzando ciò che di vivo cresce nella società civile», costruendo «consenso attorno alle decisioni», difendendo le Camere dai troppi decreti dei governi e dal troppo poco tempo per discutere, una tendenza che comprime la democrazia. «Il Parlamento sia sempre posto in condizione di esaminare nei tempi adeguati gli atti di governo». Quando lo dice, Montecitorio viene giù per gli applausi. E quando accenna ai «poteri economici sovranazionali» che cercano di «aggirare il processo democratico», Montecitorio sembra uno stadio.
Siccome però la «garanzia» deve accordarsi con «la tempestività delle scelte», anche la politica deve ristrutturarsi, «rivedere i regolamenti», chissà, forse pure modificare la legge elettorale e altre cosette come i cambi di casacca su cui il capo dello Stato non vuole entrare. Quanto ai partiti, loro sì qualche sforzo in più per scendere dalla Luna e «rappresentare la società» dovrebbero farlo, perché «senza corpi sociali intermedi che ne raccolgano la passione, il cittadino resta indifeso». Ma è soprattutto la giustizia il tasto dolente, un ostacolo alla modernizzazione del Paese. «È diventata un terreno di scontro e sovente ha perso di vista gli interessi della comunità. Bisogna recuperare rigore e professionalità, allinearsi agli standard europei. La gente non può avere paura di lungaggini o sentenze arbitrarie».
E poi l'Europa, che deve darsi «coraggio e visione». La pace, minacciata dalla crisi ucraina e le prove di forza di Mosca. «La guerra fredda e lontana, non possiamo accettare che si alzi nuovamente il vento di scontro». La cultura, la scuola, i giovani, le donne. Monica Vitti e David Sassoli.
E la dignità, concetto che ripete 18 volte, di un Paese libero da mafie, morti sul lavoro, femminicidi, violenze sessuali, povertà. Questa l'Italia che vorremmo, capace di «garantire i diritti e dare risposte al disagio». Altri applausi, poi su al Colle sulla Flaminia scoperta scortato dai corazzieri a cavallo.
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