Carceri piene ma arresti facili

Carceri piene ma arresti facili

Nei contorcimenti della politica, il Pd resta sempre in equilibrio traballante sul tema della giustizia. E l'ultima battaglia dem non sfugge all'ennesima contraddizione di fondo: combattere con una mano il sovraffollamento delle carceri e, con l'altra, respingere le restrizioni sulla custodia cautelare.

C'è tutto il Letta degli ultimi tempi, maschera veltroniana buonista e ghigno cattivista del neo radical, nell'offensiva che il Partito democratico ha lanciato con una serie di Agorà sulle pessime condizioni degli istituti di pena italiani. E il segretario ha dato la sua benedizione, con parole del tutto condivisibili: «Questo tema non è una questione cenerentola, ma è centrale per la sicurezza del Paese».

Ma non si parla di una delle drammatiche cause che alimentano il problema delle celle stipate di detenuti. Quella di una giustizia dall'arresto facile che trova più comodo anticipare una pena finale, cui spesso non si arriverà, con qualche giorno o settimana di galera preventiva. Uno dei quesiti sui referendum per la giustizia, su cui si esprimeranno gli italiani, riguarda proprio l'attenuazione della custodia cautelare. Non una sanatoria come sostiene un certo mondo giustizialista, ma una riduzione degli ambiti che portano direttamente dietro le sbarre. E questo in un Paese dove la media delle persone messe in prigione, e poi risultate innocenti, è di circa mille all'anno.

Su questo punto il Pd si è già sfilato nelle scorse settimane schierandosi per il No, insieme alla riforma della legge

Severino. Per Letta la restrizione della custodia cautelare «porterebbe più danni che benefici». Meglio dunque appiattirsi sul giustizialismo grillino e preoccuparsi delle condizioni dei detenuti. Ma più sono e peggio staranno.

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