Un carrozzone inutile: è ora di chiudere l'Onu

Un carrozzone inutile: è ora di chiudere l'Onu

Ci risiamo. A New York si è rialzato - come ogni settembre - il sipario dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. E come ogni anno a questa parata di capi di stato e dittatori fa da cornice una prolissa discussione sullo stato del mondo che non contribuirà assolutamente a migliorarlo.

L'unico risultato sarà quello d'impoverire ulteriormente la vecchia Europa e la povera Italia costrette, al pari degli Stati Uniti, a sobbarcarsi gran parte delle spese di questo esoso carrozzone. Un carrozzone di cui nessuno conosce i costi reali. Al bilancio ordinario - pari per il 2017 a circa 5,6 miliardi di dollari - vanno infatti aggiunte le spese di decine di agenzie che spesso portano il consultivo reale ben oltre i 12 miliardi. Prendiamo i contributi per circa 94,5 milioni versati dall'Italia nel 2017. Quel versamento ci garantisce ancora una volta un posto tra i primi dieci finanziatori dell'Organizzazione, ma è relativo solo al bilancio ordinario del Palazzo di Vetro.

Ad esso va aggiunta una quota da quattro milioni di dollari indispensabile per far funzionare i vari tribunali internazionali e un'ulteriore addizionale da 28,5 milioni per saldare i costi generati solo nel primo semestre 2017 dalle missioni di peacekeeping. Il tutto senza dimenticare che le missioni di mantenimento della pace, come quella al confine libanese israeliano in cui ricopriamo dal 2006 un ruolo guida, hanno ulteriori costi di cui si fanno carico direttamente le nazioni partecipanti. Ma questo sarebbe il meno se l'Onu e le sue missioni servissero a qualcosa. Invece da 72 anni le Nazioni Unite non riescono neppure a sfiorare l'obiettivo per cui sono state create: garantire l'ordine mondiale. Per capirlo buttate un occhio al mappamondo. Le maggiori crisi affidate alla soluzione dell'Onu, come la partizione della Palestina o il conflitto delle due Coree, si sono trasformate in piaghe bibliche ancor oggi largamente irrisolte. E il programma dell'Assemblea Generale di quest'anno - con ai primi quattro posti la Libia, la crisi nord coreana, il terrorismo e il cambiamento climatico - sembra fatto apposta per confermare la consuetudine.

Nella questione coreana il Palazzo di Vetro conta meno di zero. E l'unica speranza d'una soluzione è lasciata alla mediazione di Pechino o Mosca. Per cancellare gli accordi sul cambiamento climatico - su cui l'Onu investiva da decenni - è bastato l'arrivo alla Casa Bianca di Donald Trump. Quanto al terrorismo c'è da ringraziare il cielo che la lotta all'Isis sia stata lasciata agli americani in Irak e ai russi in Siria perché altrimenti il Califfato sarebbe ancora in piedi. Quanto alla Libia difficile scordare che dal 2014 i funzionari dell'Onu lautamente pagati per affrontare il problema dei migranti preferiscono soggiornare nei più sicuri alberghi di Tunisi anziché affrontare le incertezze libiche.

A partire dall'inviato speciale per la Libia Ghassan Salamé che alla domanda se risieda nel Paese risponde di passarci la notte quando proprio deve. Del resto i predecessori hanno fatto anche di peggio lasciando che a soccorrere i migranti alla deriva nel Mediterraneo fossero l'Italia, l'Ue o un branco di Ong fuori controllo.

Insomma all'indomani dell'apertura dell'Assemblea Generale l'unico augurio è che si arrivi ben presto alla sua chiusura. E, intendiamoci, non dell'Assemblea Generale soltanto, ma dell'intero Palazzo di Vetro e di tutte le sue dispendiose succursali.

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