Le «cartelle esattoriali sono un tema importante, ma molto oneroso e non contenibile nelle risorse a disposizione del Parlamento. Tutta la maggioranza ha scelto di seguire le indicazioni del Consiglio dei ministri e il tavolo sul fisco, che cuba 8 miliardi, non può permettersi di affrontare il tema». Il viceministro dell'Economia, Laura Castelli (M5s), ha anticipato così le difficoltà del vertice odierno della maggioranza in materia fiscale: il Tesoro non ha sufficienti disponibilità per avallare le richieste del centrodestra che ha spinto compatto per la riunione in modo da introdurre opportuni correttivi nella legge di Bilancio. E proprio le parole di Castelli rischiano di aprire una nuova crepa. Il rinvio delle cartelle esattoriali in arrivo nei primi mesi del 2022 per Forza Italia «è un tema dirimente», hanno fatto sapere fonti azzurre replicando all'esponente pentastellata. Oggi toccherà al ministro dell'Economia, Daniele Franco (in foto), dare una risposta alle richieste avanzate. Anche perché Forza Italia ha confermato che potrebbe anche non votare la manovra se non arrivasse un provvedimento concreto.
Il rischio di un collasso della maggioranza stessa è concreto perché ci sono tre questioni ancora aperte non di poco conto. La prima riguarda l'estensione del Superbonus 110% alle abitazioni unifamiliari per tutto il 2022 senza vincoli di Isee (la manovra fissa il tetto a 25mila euro). Altro capitolo è il caro bollette con i 3,8 miliardi complessivi reperiti dal governo che, tuttavia, potrebbero non essere sufficienti a calmierare i rincari dell'energia. Non meno importante è l'emendamento del governo sulla riforma fiscale che, oltre alla rimodulazione di Irpef e Irap, dovrebbe contenere anche il taglio una tantum del cuneo fiscale per estendere gli sgravi anche ai redditi medio-bassi. La commissione Bilancio, di fatto, è in una situazione di stallo perché non ha ancora cominciato il vero e proprio lavoro sugli emendamenti in attesa delle mosse del governo. L'esecutivo potrebbe allargare il perimetro della dote a disposizione delle modifiche parlamentari, attualmente di 600 milioni, fino a un miliardo. Ma i tempi stringono: al momento non è possibile effettuare una stima sull'approdo in Aula a Palazzo Madama e il voto definitivo alla Camera si svolgerà dopo Natale ma, prima della fine dell'anno.
Le tensioni sono poi acuite dallo sciopero generale indetto da Cgil e Uil. Ieri il centrodestra ha manifestato una netta contrarietà alla scelta di Landini e Bombardieri. «Nel tempo in cui viviamo dobbiamo difendere la ricchezza del nostro modello produttivo: libertà di impresa, rapporto corretto con il fisco e su questo la Cgil dovrebbe riflettere», ha detto ieri Giorgia Meloni.
La scelta dei sindacati è «incomprensibile», ha chiosato il coordinatore nazionale di Fi, Antonio Tajani aggiungendo che «organizzare uno sciopero generale significa mettere i bastoni fra le ruote alla ripresa». Il segretario generale della Cgil, però, non ha intenzione di tornare sui propri passi.
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