Caso Ciatti, niente ergastolo. "Solo" 23 anni al ceceno

La disperazione di papà Luigi: "Contro Niccolò una crudeltà unica, è lui il vero condannato"

Niccolò Ciatti, ucciso a 22 anni nel 2017
Niccolò Ciatti, ucciso a 22 anni nel 2017

Condannato a 23 anni di reclusione Rassoul Bissoultanov, il picchiatore ceceno latitante accusato della morte di Niccolò Ciatti. Lo hanno deciso ieri i giudici della Corte d'Assise di Roma, mentre la Procura che aveva chiesto l'ergastolo.

I giudici erano entrati in camera di consiglio intorno alle 16 e tre ore più tardi è arrivata la decisione, amara per la famiglia della vittima. «Quello che Bissoultanov ha fatto nei confronti di Niccolò credo sia di una crudeltà unica - ha commentato il padre Luigi -. Sicuramente non è l'ergastolo che pensavamo potesse arrivare per questo assassino: il vero condannato, innocente, è stato in primo luogo mio figlio».

Bissoultanov era già stato condannato in Spagna in appello a 15 anni, proprio per aver pestato e ucciso il 22enne di Scandicci nella notte tra l'11 e il 12 agosto 2017 fuori da quella discoteca di Lloret de Mar in Spagna. Estradato in Italia nel dicembre 2021 dalla Germania, era tornato libero alcune settimane dopo alla luce di una istanza, accolta dai giudici, su un difetto di procedura. Da quel giorno di lui si sono perse le tracce.

Per Bissoultanov il pm Erminio Amelio aveva chiesto il massimo della pena per omicidio volontario. «Voleva uccidere Niccolò e l'ha ucciso», aveva detto il magistrato citando le dichiarazioni fatte dagli amici della vittima, secondo cui il ceceno «era imbestialito, come un toro impazzito, aveva braccia enormi». Amelio aveva inoltre sottolineato come il video dell'aggressione, ripreso dalle telecamere di sorveglianza della discoteca, fosse eloquente e confermasse pienamente le testimonianze: «L'omicidio di Niccolò è stato commesso in pochi secondi, un crimine tremendo a cui hanno assistito molte persone». Nel corso delle udienze era stato mostrato anche il video del pestaggio e i consulenti della procura di Roma avevano spiegato che il ragazzo era stato aggredito e ucciso con tecniche tipiche delle arti marziali, della lotta Mma.

«Niccolò è stato tenuto da un amico di Bissoultanov e preso a pugni dal ceceno, quindi dopo essere caduto a terra è stato colpito dall'imputato con un calcio micidiale alla tempia, sferrato con tecniche di combattimento» avevano detto gli esperti. Anche i giudici spagnoli nella loro sentenza hanno detto che quel calcio è stato dato con l'intento di uccidere.

Bissoultanov era un atleta di Mma e non aveva potuto partecipare ai campionati nazionali in Francia per problemi di cittadinanza.

Niccolò però quella sera non aveva insultato né colpito nessuno: non era ubriaco né sotto effetto di droghe. Eppure ieri i giudici non hanno riconosciuto per il picchiatore ceceno le aggravanti degli abbietti e futili motivi.

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