Caso Fidanza, la Consulta bacchetta i pm di Milano

La Corte: insindacabili le opinioni del parlamentare contro il "porno per bambini"

Caso Fidanza, la Consulta bacchetta i pm di Milano
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L'immunità per le opinioni espresse dai parlamentari non è un privilegio della casta ma una garanzia che «protegge il cuore del mandato parlamentare, il cui svolgimento deve essere libero da condizionamenti per consentire una libera rappresentanza, non di interessi di parte o di partito, ma della Nazione». É questo il passaggio chiave della sentenza con cui ieri la Corte Costituzionale ha dato torto al tribunale di Milano e ragione alla Camera dei deputati, che aveva rifiutato l'autorizzazione a procedere contro l'esponente di Fratelli d'Italia Carlo Fidanza. Il giudice Mattia Fiorentini non si era arreso, e pur di poter processare Fidanza aveva sollevato conflitto tra i poteri dello Stato. La Consulta, presieduta da Augusto Barbera, gli ha dato torto con una sentenza che adegua il principio dell'immunità alle nuove forme di comunicazione (ovvero i social) che non esistevano quando la Costituzione è stata scritta.

Fidanza - rieletto ieri al Parlamento europeo con cinquantamila preferenze - era stato denunciato dai proprietari di un noto bar milanese per avere pesantemente criticato in un video postato su Facebook una rassegna intitolata «Porno per bambini» ospitata nel locale, parlando di una «mostra che con immagini di dubbio gusto e sicuramente ambigue non avrebbe fatto altro che legittimare la pornografia». «Vogliamo difendere i bambini e la loro innocenza da questi pazzi che la vogliono violare», aveva aggiunto. La Camera aveva respinto la richiesta di processare il deputato di Fdi in quanto si trattava di opinioni espresse nel mandato parlamentare, tanto da essere riportate anche in una interrogazione presentata appena due giorni dopo.

Per il giudice milanese, quell'interrogazione è irrilevante perchè l'atto parlamentare deve essere compiuto «prima (e non dopo, foss'anche di uno o due giorni) delle esternazioni incriminate». Neanche per idea, lo corregge la Consulta: l'importante è che atti parlamentari e dichiarazioni pubbliche avvengano nel «medesimo contesto temporale»; l'immunità vale anche per le dichiarazioni rese all'esterno delle aule parlamentari «nell'interesse della libera dialettica politica» se fanno parte delle stesse battaglie che il deputato conduce al loro interno. Certo, il linguaggio usato da Fidanza sul social e il testo dell'interrogazione non sono identici: ma «aldilà dell'uso di modalità espressive e comunicative fisiologicamente diverse, in considerazione dell'ineliminabile diversità degli strumenti in concreto utilizzati, si tratta della medesima opinione».

(Nella

sentenza la Corte dice anche che le immunità «storicamente sorte per preservare i parlamenti da indebite intromissioni del potere giudiziario» adesso servono ad altro, perchè le intromissioni indebite non esistono più. Sicuri?)

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