Lo scontro è durissimo. I giustizialisti pentastellati vogliono la testa di Armando Siri, finito nei guai per un'inchiesta sull'eolico. Non appena Luigi Di Maio ne ha chiesto le dimissioni, dalla galassia pentastellata sono partiti attacchi violentissimi per scaricare l'alleato. Un assalto che non lascia indifferente Matteo Salvini che ribadisce la propria fiducia nel sottosegretario indagato dai pm.
"Stupisce il giustizialismo a intermittenza con il quale vengono valutate le diverse vicende giudiziarie a seconda dell'appartenenza del soggetto indagato a uno schieramento politico", lamenta il ministro della Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno. La veemenza con cui i pentastellati sono partiti all'assalto dell'alleato leghista lascia pensare che non aspettassero altro. Tanto che ribattono colpo su colpo cavalcando il teorema dell'inchiesta per colpire il Carroccio. "Quando un esponente del M5s viene accusato dalla magistratura di aver sbagliato - tuonano - noi lo sospendiamo in via precauzionale ed interveniamo immediatamente. In alcuni casi anche cacciandolo, se necessario - continuano - si chiama questione morale, cara Bongiorno, non giustizialismo". È lo stesso Di Maio a mettersi in testa all'ondata forcaiola, nella speranza di interpretare i mal di pancia del proprio elettorato che non ha mai digerito del tutto l'asse con il Carroccio. E così assicura che, nelle prossime ore, ne parlerà direttamente con Salvini per fargli cambiare idea su Siri e invitarlo a scaricarlo. "Noi siamo sempre stati quelli che dicevano di aspettare il terzo grado di giudizio ma qui c'è una questione morale - dice ai suoi - qui c'è un sottosegretario che è coinvolto in un'indagine così grave e così importante che riguarda addirittura il prestanome di Matteo Messina Denaro".
Per quanto riguarda Salvini, però, Siri può tranquillamente rimanere al ministero delle Infrastutture a fare il proprio lavoro. Ai Cinque Stelle lo dice chiaramente e gli ricorda pure che il sindaco di Roma Virginia Raggi non si è mai dimessa. Eppure è rimasta sotto indagine per ben due anni. "Cortesemente - li incalza - non usate due pesi e due misure, quando c'è di mezzo la vita delle persone. In Italia - continua - si è colpevoli se si viene condannati". Il vice premier leghista non nasconde il fastidio per i continui attacchi dei grillini. "So che do e diamo fastidio a qualcuno - dice ai suoi - ma abbiamo il dovere di tenere duro". D'altra parte le carte dell'inchiesta hanno lacune vistose. A Siri, tanto per cominciare, è imputato qualcosa che non è mai stato fatto. Tuttavia, senza nemmeno aver letto le carte, Di Maio e i suoi intimano al leader del Carroccio di prendere provvedimenti. Lui, però, non ci sta.
"Quanti esponenti Cinque Stelle sono stati indagati e sono rimasti al loro posto? - chiede - mi sembra che ci sia anche qualche candidato alle europee indagato e giustamente rimane candidato...".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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