Ci sarà molto Afghanistan ma non solo quello nella cena di lavoro di stasera a Marsiglia tra Emmanuel Macron e Mario Draghi. La visita del premier italiano è certamente un capitolo di primissimo piano nel valzer di incontri e di dichiarazioni che i leader europei dedicano in questi complicati giorni alle ricadute dell'addio occidentale a Kabul. Draghi sta tessendo la tela dell'imminente G20 a guida italiana in cui si cercherà di coinvolgere nella ricerca di soluzioni della crisi afghana attori come la Cina, la Russia e il Pakistan; Macron, da parte sua, pare deciso a dare la massima enfasi al suo disegno di rilancio dell'autonomia strategica europea, che negli scorsi giorni ha cercato di attuare contrapponendosi alle modalità quasi isolazionistiche del presidente americano Biden sia al G7 sia alle Nazioni Unite (con scarsi risultati concreti, in verità).
Il presidente francese vede in Draghi un partner ideale per questo tratto della storia europea caratterizzato da una Gran Bretagna ormai fuori dai giochi comunitari e da una Germania politicamente indebolita nella incerta fase di transizione di potere dai sedici anni di cancellierato di Angela Merkel. Parigi e Roma cercheranno dunque una linea strategica comune per l'Afghanistan, si parlerà di questioni attualissime come la difesa europea e i corridoi per gestire flussi migratori; ma il contesto in cui Macron e Draghi si muoveranno andrà oltre i temi contingenti: stasera a Marsiglia si discuterà dunque certamente del Trattato del Quirinale, ovvero del patto da tempo pianificato per dare una struttura più solida ai rapporti franco-italiani che dovrebbe essere siglato entro fine anno. La riconosciuta statura internazionale di Draghi che quando era governatore della Banca Centrale Europea aveva tra l'altro costruito un'ottima intesa con la Francia - è un elemento fondamentale di questo sviluppo storico, già avviato su solidi binari un paio di mesi fa con la visita all'Eliseo di Sergio Mattarella.
Si punta a unire le forze per pesare di più nel confronto con Berlino, che rimane il soggetto più forte dell'Unione Europea: basti pensare al tema rilevantissimo della sospensione delle regole di bilancio dell'Ue e allo sforzo per impedire alla Germania di tornare a imporre la sua famigerata politica del rigore a livello comunitario. Ma Macron conta anche di conseguire grazie all'intesa con Draghi più forza negoziale nei confronti dei massimi soggetti a livello internazionale: Stati Uniti, Cina e Russia. La sintonia tra Roma e Parigi potrà dunque, almeno per qualche tempo, consentire all'Italia di svolgere un ruolo di primo piano in Europa, certamente più importante di quello da «quarta forza continentale» cui eravamo relegati quando Londra era nell'Ue e la Merkel poteva fare il bello e il cattivo tempo.
Nel frattempo, gli sforzi delle diplomazie europee continuano a essere concentrati su come costruire rapporti che non implichino un riconoscimento ufficiale con l'Afghanistan a guida talebana, che promette un governo «inclusivo» ma islamico e con donne solo in posizioni marginali. Boris Johnson ha già avviato colloqui con i rappresentanti del nuovo potere afgano e punta a ottenere l'apertura di un corridoio sicuro di uscita dal Paese per i cittadini britannici e per i locali che hanno collaborato con le forze britanniche in questi vent'anni. I negoziati, non a caso, si tengono a Doha, capitale del Qatar, che già fu teatro di quelli tra Stati Uniti e talebani nel febbraio dell'anno scorso al termine dei quali l'ex presidente Donald Trump annunciò l'addio delle truppe Usa all'Afghanistan entro il maggio 2021.
Il Qatar «pesa» politicamente molto a Kabul e ieri vi ha inviato una squadra di tecnici per aiutare i poco ferrati ingegneri talebani nella gestione dell'aeroporto passato alla storia per il poco glorioso ritiro degli americani.
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