Cerno assente durante il voto "Sono l'unico senatore gay. Quel testo vecchio e grottesco"

L'ex dem: "L'hanno reso intoccabile manco Zan fosse Mosè. Il Pd telefonava alle trasmissioni televisive affinché non mi invitassero"

Cerno assente durante  il voto "Sono l'unico senatore gay. Quel testo vecchio e grottesco"

«Il ddl Zan? Altro che legge di civiltà che ci allontana da Polonia e Ungheria: un testo tardo-medievale, già vecchio, malfatto: per questo non ho partecipato al voto». Tommaso Cerno, «unico gay dichiarato del Senato», eletto nelle liste Pd, non nasconde il suo dissenso dalla battaglia epocale intrapresa dai dem, e fallita miseramente mercoledì.

Racconta di aver provato per mesi, anche con interventi pubblici, a convincere il suo partito a correggere le principali storture, anche per evitare contraccolpi. «Ho ripetuto in tutte le salse che quel testo aveva molti difetti, che rischiava di istituire un grottesco e sbagliato reato di opinione, che poteva essere migliorato. Invece lo hanno proclamato intoccabile, come se Zan fosse Mosè e il suo ddl fossero le tavole della legge dettate dal dio dei gay». La linea massimalista ha prevalso, anche se era chiaro che questo avrebbe creato problemi di numeri. Tommaso Cerno dice di essere stato tagliato fuori: «Mi hanno escluso da qualsiasi tavolo sulla questione, nonostante io sia l'unico gay dichiarato di Palazzo Madama, perché contestavo il merito della legge e la linea dem del tutto o niente. Sono arrivati persino a telefonare alle trasmissioni tv che mi invitavano, per dissuaderle. Mercoledì ho chiesto di intervenire in aula e mi è stato detto che era un dibattito solo procedurale e non serviva. Si sono comportati da omofobi, loro che si dipingono come omofili».

Prima dell'ultimo passaggio parlamentare, racconta, «mi ha telefonato Zan dicendo ti prego, aiutami. Ma ormai c'era poco da aiutare: il risultato era scritto, e del tutto prevedibile. Arrivati al voto, ho comunicato che non avrei partecipato, per evitare di passare per boicottatore a voto segreto». I franchi tiratori, sostiene, sono stati molti più di quelli contati dal Nazareno: «Il Pd dice 16, Matteo Renzi dice 40, secondo me qualcosa di meno. Per stare certi direi 31, visto che so chi sono i 15 del centrodestra che hanno votato con il Pd a sostegno del ddl, e 16 più 15 fa trentuno. Ora Enrico Letta dà tutta la colpa a Renzi, ma anche se tutti quelli di Italia viva avessero votato col centrodestra, non hanno certo quei numeri. Molti franchi tiratori venivano dal Pd: alcuni perché condividevano le mie critiche al testo, altri perché molto cattolici e quindi contrari in toto».

Che il voto di ieri fosse un salto nel buio si sapeva, ma il Pd gli è corso incontro: «L'unica cosa che gli importava non era avere una buona legge, ma avere una bandierina con il marchio Pd. Si sono appesi al feticcio di una legge al ribasso, nata vecchia e scritta male, hanno raccontato che avevano i voti, e il risultato si è visto. La destra ha fatto quel che aveva annunciato, con qualche senatore che ha votato dall'altra parte. La sinistra ha fatto la sinistra, e si è spaccata.

Ora scoprono che sull'elezione del capo dello Stato ci sarà il mercato delle vacche: forse devono provare ad eleggere un gay». E se gli si chiede perché il Pd ha dato retta a Zan e non a lui replica: «Mah, cosa le devo dire, siamo tutti finocchi ma qualcuno è più finocchio degli altri».

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