Con Charlie è morta la civiltà

Con Charlie è morta la civiltà

Charlie Gard era già morto o era vivo? Staccargli la spina che gli consentiva di respirare e di nutrirsi, provocandogli la morte per soffocamento, sul piano strettamente giuridico e su quello più ampiamente morale, può configurarsi come «morte naturale» o invece corrisponde all'uccisione di una persona? Pur in un contesto diverso, oggi si ripropone la domanda cardine sul tema della vita sin dal suo concepimento: il feto è vita o non è vita? Ebbene, mentre la Chiesa si è schierata a favore della sacralità della vita del feto, scontrandosi frontalmente con lo Stato che ha legittimato l'aborto, quindi l'uccisione della vita del feto, il caso della vita e della morte del piccolo Charlie vede convergere la posizione dello Stato e quella della Chiesa. Di fatto la Chiesa ha avallato l'eutanasia di Stato, legittimando il diritto del giudice di decidere se e quando staccare la spina che tiene in vita una persona fisicamente menomata. Papa Francesco non è proprio entrato nel merito della vicenda e l'ha affrontata come se si trattasse di una morte qualsiasi: «Affido il piccolo Charlie al Padreterno, prego per i suoi genitori e per tutti coloro che l'hanno amato», ha scritto in un tweet, la nuova frontiera dell'evangelizzazione mordi e fuggi. Più significativa è la posizione assunta dalla Conferenza Episcopale Italiana attraverso il suo organo ufficiale. «Il piccolo Charlie Gard è morto», titolava ieri avvenire.it, il sito della Cei. «È morto», sottintende «morte naturale». Una tesi avallata dal commento del direttore Marco Tarquinio: «Charlie è stato ucciso da un male inesorabile, e né la scienza né la legge hanno saputo e potuto e forse voluto aiutarlo». La responsabilità della morte è del «male inesorabile», anche se si denunciano le lacune della scienza e le colpe della legge. Eppure sempre avvenire.it condanna la «atroce operazione» del distaccare Charlie dai macchinari che lo tenevano in vita. Si riconosce che il passaggio dalla vita alla morte del piccolo Charlie è stato frutto di un crimine, che la Chiesa ha scelto di non condannare pur violando la stessa sacralità della vita incarnata dal feto o da qualsiasi persona a prescindere dalle sue condizioni fisiche. La vicenda del piccolo Charlie Gard segna uno spartiacque nella storia del declino della civiltà europea perché rappresenta il precedente giuridico che legittima l'eutanasia di Stato. Il giudice Nicholas Francis dell'Alta Corte di Londra ha affermato il principio che è la Magistratura che decide sulla vita e sulla morte della persona: «Decido io», perché «devo considerare gli interessi di Charlie». Il giudice del «decido io» s'impone sul Papa del «chi sono io per giudicare?». Al tempo stesso attua la convergenza tra lo Stato e la Chiesa sul tema del fine vita.

E infligge il colpo di grazia alla nostra civiltà decadente. Perché una società che sceglie di uccidere i suoi membri più fragili è destinata al suicidio. Se si legittima l'eutanasia verrà meno la sacralità della vita di tutti.

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