La chat dell'orrore di Elena e Giovanni: "Prima di vederci dobbiamo ucciderli"

Le conversazioni prima del delitto. Contro la vittima 14 coltellate

La chat dell'orrore di Elena e Giovanni: "Prima di vederci dobbiamo ucciderli"

«Sono dentro». «Vai amò». Sono gli ultimi due messaggi della chat dell'orrore con cui Elena Gioia, 18 anni e il fidanzato Giovanni Limata, 23 anni, avevano suggellato il patto di sangue, che venerdì avrebbe dovuto portare allo sterminio della famiglia di lei, nel delirante sogno di vivere liberamente il loro amore e ha invece portato alla morte soltanto del padre Aldo, 53 anni, dipendente Fca, ucciso con 14 coltellate mentre dormiva sul divano dell'appartamento in Corso Vittorio Emanuele, ad Avellino.

Quelle quattro parole sono l'epilogo di un piano orchestrato da tempo, che aveva avuto un'accelerata domenica 18 aprile. «Non ve ne importa niente di me, ve ne fregate dei miei problemi» urla la ragazza ai genitori, davanti a un pranzo troppo abbondante. Poi si rifugia nel cellulare e scrive incessantemente a Giovanni, il ragazzo di cinque anni più grande, conosciuto in periodo Covid, pericoloso, instabile, con alle spalle problemi di droga. Lei ha un rapporto difficile con il cibo, lui ha già tentato il suicidio e per due volte è stato sottoposto a tso. «Mi manchi, quando li uccidiamo?», scrive Elena. «Venerdì potremmo cercare di stare un po' insieme», risponde lui. «Sì, ma dobbiamo prima ucciderli», incalza la 18enne. «Lo faccio perché li odi tu, io non li odio. Ma dobbiamo essere liberi», replica lui, pronto a impugnare quel coltello da caccia per massacrare il suocero, che aveva già minacciato mesi prima con una sciabola. Ma l'idea di Elena era far fuori tutti. «Ma anche Emilia, sei sicura?», chiede perplesso Giovanni, sperando di risparmiare la sorella 23enne. «Sì, amo, capisci meglio cosa intendo, mia sorella non può rimanere: non rimane nessuno».

Poi c'è il problema del cane Milli, che avrebbe potuto abbaiare mentre lui si introduceva nell'abitazione, passando dalla porta secondaria, che dà sulla cucina. Lei lo risolve: lo porta in camera sua, mentre Giovanni affonda il coltello contro Aldo, che ha prova a difendersi, come dimostrano i tagli sulle braccia e sulle mani, poi le sue grida richiamano moglie e figlia mandanto all'aria il piano. Eppure quell'uomo ha provato a curare l'odio di Elena con l'amore. «Mi ha colpito uno sconosciuto, forse è ancora in casa», ha riferito ai poliziotti, mentre era agonizzante a terra. Stessa versione data inizialmente da Liliana Ferraiolo, convinta di salvare la figlia e dalla stessa Elena, che aveva già riempito 4 zaini per fuggire.

Ma Giovanni, che era già scappato a casa della madre, è crollato per primo e ha scaricato sulla ragazza. Davanti al Gip Paolo Cassano si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Non è escluso che gli avvocati possano chiedere per entrambi la perizia psichiatrica. Qualcuno, però, sarebbe stato a conoscenza del piano: non hanno l'auto ma Govanni era riuscito ad arrivare dalla madre a Cervara.

Intanto ieri si sono svolti i funerali della vittima nella chiesa di San Ciro.

In prima fila Liliana e Emilia. «Non possiamo rimanere prigionieri della morte - ha detto nell'omelia il parroco don Luciano Gubitosa - e ringrazio questa moglie, questa madre, per le sue poche parole che fanno vedere la possibilità di andare oltre».

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