Le parole del presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, non sono per niente piaciute a Gianluigi Cimmino. L'idea di adottare delle misure simili a quelle che vennero applicate in epoca Covid - come la cassa integrazione e lo smart working - come contrasto al caldo di questi giorni, viene assolutamente respinta dall'ad di Yamamay. Cimmino stenta quasi a credere alle parole del capo degli industriali e ci tiene a stoppare proposte del genere.
Che cosa non la convince della posizione di Bonomi?
«Sono rimasto scioccato dalle sue dichiarazioni completamente inopportune e imbarazzanti. L'accostamento col Covid mi ha terrorizzato, perché quel periodo significa morti, perdita di posti di lavoro e fine di molte aziende. Viene poi invocata la cassa integrazione da chi dovrebbe rappresentare gli interessi della produzione per tutelare gli interessi dei lavoratori, ma in realtà si va contro i lavoratori: si dà la possibilità di accedere a dei benefici ordinari e straordinari, ma lo si fa con uno stipendio ridotto».
Però l'ondata di caldo c'è.
«Non voglio essere accusato di negare il cambiamento climatico: certo che esiste. Ma non può essere uno strumento per tornare a delle restrizioni che spesso possono creare disuguaglianze sociali e produttive. Vorrei sapere per quanti giorni ha fatto caldo quest'anno e quanti nel 2022».
Ritiene quindi, che i lavoratori sarebbero penalizzati?
«Non solo. Il presidente Bonomi dovrebbe ricordare che la nostra è un'economia fondata sui consumi: se noi li attacchiamo, attacchiamo tutto il sistema. È un ragionamento semplicissimo, che però viene spesso dimenticato».
È un circolo vizioso?
«Dobbiamo essere tutti consapevoli di quello che queste proposte provocherebbero anche sul mercato. Perché se la gente guadagna di meno, spende anche di meno».
E l'idea smart working?
«Ci sarebbero interi quartieri morti: con uffici vuoti, ristoranti che lavoreranno con i turisti, centri commerciali deserti. Invitiamo la gente a stare a casa? Bene, così non faranno girare i consumi».
Sarebbe un altro lockdown.
«Forse qualcuno non se n'è reso conto, ma noi dovremo lavorare per i prossimi vent'anni per pagare i danni del Covid. Io, che ho un'azienda e sto ancora pagando i debiti che ho fatto per chiuderla tra il 2020 e il 2021, me lo ricordo molto bene. E Bonomi non se lo ricorda questo? Vuole farci fare altri debiti per dieci giorni di caldo?».
Lei nota già dei problemi in tal senso?
«Questo terrorismo ha sicuramente diminuito i flussi commerciali degli ultimi giorni. La gente viene bombardata solo da questo argomento e il Paese si ferma. Ma poi: qualcuno ha pensato all'immagine che diamo all'estero di un Paese che ha solo il caldo? E gli stati che vivono con 55 gradi e programmano dei grandi eventi per puntare tutto sul turismo, che devono fare?».
Come si possono risolvere le situazioni di difficoltà che sussistono?
«Certamente dobbiamo difendere le categorie che sono più a disagio in questi giorni, come coloro che svolgono lavori nelle strade: penso - per esempio - a orari e turni diversi, a degli incentivi da dare a quelle aziende che ancora non hanno l'aria condizionata. Io, per quest'anno, avevo programmato di rifare tutto l'impianto di condizionamento e di potenziarlo.
Questo è quello che deve fare un imprenditore a favore dei lavoratori. In generale, bisognerebbe studiare dei protocolli per tempo, non improvvisare delle iniziative in 48 ore e urlare: State a casa. È una cosa gravissima».
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