Colloqui in bilico. Kiev: "Prima lo stop alle bombe"

Negoziati previsti per oggi. L'Ucraina chiede aiuto alla Cina per il cessate il fuoco

Colloqui in bilico. Kiev: "Prima lo stop alle bombe"

Gli ucraini si rivolgono direttamente alla Cina per tentare di far tacere le armi. Mosca ha annunciato per oggi il secondo round di colloqui tra delegazione ucraina e delegazione russa, stavolta al confine tra Polonia e Bielorussia, dopo quello di 48 ore fa nella regione di Gomel, alla frontiera fra Bielorussia e Ucraina. Ma i bombardamenti incessanti che ieri, nel sesto giorno di guerra, hanno colpito ancora i civili e alcuni luoghi simbolici dell'Ucraina - il palazzo del governo a Kharkiv, la torre della tv e il Memoriale della Shoah a Kiev - rimettono in discussione lo svolgimento dei negoziati e rischiano di far saltare una già difficile trattativa.

Il presidente ucraino Volodymir Zelensky, combattivo ma provato dal fuoco che i russi hanno scatenato contro gli ucraini, ha avvertito che Kiev non siederà a nessun tavolo, a meno che Mosca non fermi prima i bombardamenti. «Prima di tutto bisogna smettere di combattere, tutti quanti, e ritornare al punto in cui eravamo cinque, sei giorni fa». «Ci sono priorità, cose importanti da fare. Se si fanno - ha spiegato Zelensky - vuol dire che si è pronti per la pace, altrimenti si sta solo perdendo tempo. Vedremo».

Kiev si trova di fronte all'escalation che temeva, ma sperava quanto meno di frenare con il primo giro di colloqui con i russi. La situazione sembrava già disperata dalla mattina, quando il ministro degli Esteri Dmytro Kuleba ha fatto sapere di aver chiesto alla Cina di intercedere per lo stop alle bombe nel corso di una telefonata all'omologo Wang Yi. L'Ucraina «è pronta a rafforzare la comunicazione con Pechino» e «aspetta con impazienza una mediazione della parte cinese per realizzare il cessate il fuoco», spiegava Kuleva. Da parte cinese, Wang Yi ha detto chiaramente che Pechino «deplora lo scoppio del conflitto», «estremamente preoccupata per i danni ai civili». Per la Cina l'obiettivo principale è alleviare la situazione sul campo, «per evitare che il conflitto si intensifichi o sfugga al controllo».

Peccato che nel corso della giornata, la guerra si sia fatta più sanguinosa e la furia russa non si sia per nulla placata, tutt'altro. I media ucraini riferiscono che il secondo round di negoziati ci sarà comunque. Ma che si arrivi o no oggi al tavolo, la trattativa è tutta in salita, se non compromessa per ora, anche se Mosca dice che «è troppo presto per esprimersi sul primo round di colloqui». «Quel che è certo è che al momento non si sta preparando un incontro tra Putin e Zelensky». L'aria che tira è pessima non solo perché le bombe hanno ricominciato a cadere sulla testa degli ucraini, nonostante Emmanuel Macron avesse riferito che Vladimir Putin, al telefono, gli «aveva confermato la volontà di impegnarsi» per lo stop ai bombardamenti contro i civili. L'aria è pessima anche perché le richieste di Mosca appaiono irricevibili: Ucraina neutrale e smilitarizzata e riconoscimento della sovranità russa sulla Crimea, mentre Kiev chiede cessate il fuoco e ritiro delle truppe russe.

Le trattative sembrano ancora più in alto mare se si guarda all'escalation complessiva mossa da Mosca: al piano militare e a quello politico si aggiunge il tono sempre più belligerante del Cremlino. In video, paradossalmente alla Conferenza sul disarmo di Ginevra, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov alza il tiro: «I cittadini e le strutture della Ue coinvolti nella fornitura di armi letali alle Forze Armate Ucraine saranno ritenuti responsabili di qualsiasi conseguenza di tali azioni nel contesto dell'operazione militare speciale in corso. Non possono non capire il grado di pericolo delle conseguenze». E giù ancora più duro: «L'Ue si è definitivamente schierata con il regime di Kiev, che ha scatenato una politica di genocidio contro parte della sua stessa popolazione», aggiunge Lavrov. Mosca vuole sedere al tavolo da vincitrice. E minaccia direttamente l'Europa.

Zelensky a sera invoca l'intervento della Nato,

perché imponga una «no fly zone», e spiega sconfortato: «Se i nostri partner non sono pronti a farci entrare, perché la Russia non vuole l'Ucraina nella Nato, dovrebbero lavorare a delle garanzie di sicurezza per l'Ucraina».

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