Non gradisce l'etichetta di "politico ambiguo" che gli ha rifilato Lilli Gruber in prima serata a Otto e mezzo (La7). Eppure come definire altrimenti un leader come Giuseppe Conte che a una precisa domanda (per chi voterebbe in Francia al ballottaggio?) si trincera dietro un laconico "non faccio politica in Francia"? Salvo poi sottolineare la distanza del suo partito da Marine Le Pen. Ma in politica, si sa, a volte bisogna fare delle scelte, anche amare, anche controvoglia. Il fondatore di questo giornale, Indro Montanelli, è stato citato migliaia e migliaia di volte perché, negli anni Settanta, scrisse che avrebbe votato Dc "turandosi il naso". Non era, quella, una scelta del cuore, ma in quel preciso frangente politico era quella che riteneva più utile e saggia.
"È un referendum - scrisse Montanelli nel 1976 -. Fra quaranta giorni saremo chiamati a scegliere non un partito, e nemmeno un governo, ma un regime. Ecco perché tra direttore di giornale e lettori, dobbiamo fra noi parlarci chiaro, occhi negli occhi...". E coniò lo slogan: "Turatevi il naso ma votate Dc". Lo scudo crociato vionse, di poco ma rimase il primo partito in Italia.
Quale potrebbe essere, oggi, la scelta di Conte (e del Movimento 5 Stelle) in Francia? Turarsi il naso e mettere la croce su Macron oppure, nascosti nel segreto dell'urna, optare per Marine Le Pen? Conte non lo dice. Si barrica dietro un "non faccio politica in Francia", ergo si sente legittimato a non rispondere.
Oggi torna sull'argomento con questa precisazione: "Non so cosa si chiede il Pd o i nostalgici di Renzi che sono ancora nel Pd ma invito il Pd a non entrare nelle valutazioni personali. Il M5s è molto distante dalle politiche della Le Pen: chiedo di non speculare perché noi su questo punto non ci sono fraintendimenti. Solo chi è in malafede può farlo".
Il leader pentastellato quindi ribadisce la distanza dalla Le Pen, ma non fa il passo successivo, dicendo che voterebbe Macron. E precisa, come già fatto in tv dal salotto della Gruber: "I temi post da Le Pen sono temi veri, sulla perdita di acquisto e sulla sofferenza delle persone, le soluzioni non le condivido. Ma assumere atteggiamenti spocchiosi in politica non paga".
Dunque, che farebbe Conte se fosse in Francia? Perché è così in difficoltà nel rispondere a questa domanda semplice semplice? Ha paura di perdere il contatto con chi, tra i suoi elettori, vede di buon occhio la leader sovranista francese? Preferisce restare equidistante per non scontentare nessuno? Può essere, ma è credibile un leader di un grande movimento politico che preferisce non dire da che parte sta?
Il senatore del Pd Andrea Marcucci prende di mira l'ex premier: "Conte può dire, come stanno facendo i democratici in tutta Europa, che sta dalla parte di Macron. In fondo non è difficile, basta seguire il ministro Di Maio". Perché Conte non lo fa?
Rincara la dose Maria Elena Boschi. "Domenica prossima in Francia si gioca una partita decisiva - scrive su Twitter -. Se vince Macron, l’Europa ha un futuro. Se invece vince la Le Pen, l’Europa, per come l’abbiamo intesa fino ad oggi, è destinata a finire. Noi, a differenza di Conte, non abbiamo dubbi: Forza Macron!".
Il senatore del Pd Dario Stefàno, presidente della commissione Affari europei di palazzo Madama, scrive su Twitter: "Se vince Zelensky finisce la guerra, se vince Putin finisce l’Ucraina. Se vince Macron vince l’europeismo, se vince Le Pen finisce l’Europa. Almeno su questo Conte dovrebbe dire da che parte sta".
In soccorso di Conte arriva Roberta Lombardi, assessora 5 stelle alla Transizione ecologica del Lazio: "Non ho visto tutti questi ammiccamenti a Le Pen - dice a Repubblica -. Conte non avrà detto 'viva Macron'. Ma sono certa che le posizioni di madame Le Pen siano quanto di più distante dal M5S".
Su una cosa non ci sono dubbi. Non rius ire a dire, con chiarezza, "voterei Macron", vuol dire una cosa sola: non lo farebbe. Magari resterebbe a casa, non andrebbe a votare. Matteo Orfini (Pd) affonda il colpo: "I progressisti italiani ed europei stanno con Macron, non nel mezzo. Non possono esserci tentennamenti se si vuole stare nel campo progressista. Viene da pensare allora che quell'adesione non sia così convinta...". E prosegue ricordando l'esperienza di governo gialloverde: "Nella storia di Conte ci sono ambiguità, ha governato con la destra facendo scelte di destra come i decreti sicurezza. Capisco la difficoltà nella ricostruzione storica della sua pur breve attività politica, ma se uno si vuole collocare nel campo progressista non possono esserci timidezze". Stefano Ceccanti (Pd) è ancor più duro: "Quando è in gioco il futuro dell'Europa, è doveroso schierarsi.
È un elemento indispensabile anche per le alleanze presenti e future''.Comunque la si pensi Conte una scelta l'ha fatta. Non voterebbe Le Pen ("siamo distanti") ma non ha mai detto che metterebbe la croce su Macron. Anche questa, in fondo, è una scelta. Ambigua ma è una scelta.
#ottoemezzo Botta e risposta tra @GiuseppeConteIT e Lilli Gruber sulle elezioni #presidenziali in #Francia: "Tra #Macron e #LePen? Non posso dare indicazioni di voto, rappresento un partito italiano". "Poco chiaro, totalmente ambiguo" https://t.co/roC4QlIbFo
— La7 (@La7tv) April 20, 2022
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