A poche ore dalla fiducia del premier Mario Draghi in Senato, Giuseppe Conte non ha una linea. In compenso si è beccato una fastidiosa intossicazione alimentare che come anticipato dal Foglio lo ha costretto a passare la nottata di domenica al Policlinico Gemelli. «Ora sta meglio», dice il suo staff. Ma il M5s non gode di ottima salute, per usare un eufemismo. Non sono bastati giorni e giorni di riunione permanente per fare chiarezza nella casamatta dei Cinque Stelle. Alla fine del profluvio delle assemblee il pallottoliere dei grillini dice: un terzo per il sì alla fiducia, due terzi per il no. «Aspettiamo il discorso di Draghi e poi decidiamo», dicono i contiani. Ripetono la stessa cosa i governisti. Cambiano le sfumature. I primi sono fiduciosi per quanto riguarda le parole del presidente del Consiglio e si accontenterebbero di qualche apertura. I secondi intendono la posizione attendista più come una sorta di ultimatum. «Se Draghi mette in agenda tutti i nostri nove punti noi ci siamo», rintuzzano gli uomini più vicini all'avvocato di Volturara Appula. Federica Dieni, deputata governista, al Giornale conferma la sua linea: «Il Movimento se vuole essere coerente dovrebbe votare la fiducia».
In serata si diffonde l'ipotesi di un incontro tra Conte e Draghi a Palazzo Chigi, ma non ci sono conferme. Si parla anche di una possibile telefonata tra i due. L'avvocato invece lunedì ha sentito il segretario del Pd Enrico Letta, che ha provato a convincerlo a votare la fiducia. Ma il presidente del M5s ormai vive in un limbo. Se decidesse di strappare, perderà più di trenta parlamentari governisti, perché il numero degli scontenti cresce di ora in ora. Ma soprattutto si giocherebbe l'alleanza con il Pd. Viceversa, se il leader stellato scegliesse di rimanere al governo, rischierebbe il big bang del gruppo al Senato. E deluderebbe anche tutto il fronte dei descamisados che lo ha influenzato nelle ultime settimane. Da Paola Taverna a Rocco Casalino. Da Marco Travaglio ad Alessandro Di Battista. Proprio quest'ultimo pressa ancora l'avvocato: «Entrare nel governo Draghi è stato un suicidio».
I contiani prendono tempo, i governisti anche. Lo scontro interno ai grillini è diventato una guerra di posizione. Conte pretende dal premier una sterzata sui i nove punti della sua lettera. Tra gli uomini fedeli al giurista foggiano c'è chi si spinge a chiedere a Draghi di fare esplicita menzione dei vari punti della lista del leader M5s. La posizione di Conte è un giallo, i governisti tengono le carte coperte e organizzano la scissione. Tutti attendono la mossa dell'avversario. In un gioco logorante che porterà probabilmente a una resa dei conti interna che si manifesterà direttamente giovedì nell'Aula di Montecitorio. È quello il campo di battaglia in cui giocano i governisti guidati dal capogruppo Davide Crippa. «Conte strappa perché lo ha deciso da mesi», insinuano i grillodraghiani. Crippa si schermisce: «Ascolteremo il discorso di Draghi in Aula domani. Trovo chiaro che se aprirà ai principali temi posti all'interno dei 9 punti da parte del M5S, diventa ingiustificabile non confermare la fiducia». I contiani lo attaccano: «Perché non smentisci la congiura contro Conte?» La verità è che i draghiani avrebbero voluto diffondere già ieri sera un documento politico in cui si diceva sì alla fiducia, aprendo le danze della scissione. Un governista in Transatlantico si tradisce. «Voterà la fiducia a Draghi?», la domanda. «Io non ho firmato nessun documento», la risposta. Il testo esisteva, era già stato stilato, bisognava solo apporre le trenta firme in calce, ma a un certo punto qualcosa si blocca. Meglio aspettare che sia Conte a muovere la prima pedina. I dimaiani ostentano tranquillità e dicono che in ogni caso andrebbero a punto. Sia se si materializzerà la scissione di Crippa, sia se Conte darà la fiducia in zona Cesarini.
Si fanno avanti solo alcuni governisti come i deputati Rosalba Cimino, Maria Soave Alemanno, Niccolò Invidia ed Elisabetta Barbuto.
Tutti e quattro diranno sì a Draghi, al netto delle indicazioni che arriveranno dal partito. Ma nel caso Conte decidesse per la linea dura, la valanga potrebbe assumere proporzioni molto più ampie, travolgendo ciò che rimane del M5s.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.