Il corridoio di Suwalki possibile innesco. Così si rischia una guerra con la Nato

Kaliningrad è una postazione strategica per Mosca. Sulla striscia di terra al confine tra Polonia e Lituania si gioca una partita ad alta tensione

Il corridoio di Suwalki possibile innesco. Così si rischia una guerra con la Nato

Ora tutto è pronto. Ora basta una scintilla per dar fuoco alle polveri e spingere il conflitto ucraino nel cuore dell'Europa trasformandolo in un guerra a tutto campo tra Russia e Alleanza Atlantica. Purtroppo per immaginare le ragioni e il perimetro di quel conflitto non ci vuole troppa fantasia. Le ragioni sono scritte nell'articolo 5 del Trattato Nato che impone la reciproca difesa. Il perimetro è disegnato sulle cartine geografiche.

L'enclave russa di Kaliningrad costituisce per la Russia un'irrinunciabile postazione strategica per tre motivi strategici. Il primo è il suo posizionamento al vertice settentrionale della frontiera tra Polonia e la Lituania. Questo ne fa un cuneo inserito tra il fronte occidentale dell'Alleanza Atlantica e gli stati Baltici. Il secondo, sempre legato alla collocazione geografica, è la sua capacità di rallentare un'eventuale reazione atlantica in caso di avanzata russa sui territori di Finlandia e Svezia. Soprattutto se questa avvenisse prima di un ingresso dei due paesi nella Nato. Il terzo elemento strategico è la sua caratteristica di naturale piattaforma missilistica da cui colpire l'Europa con testate convenzionali, o nucleari. Ovviamente c'è da chiedersi se la Russia, impegnata in una complessa offensiva in Ucraina, abbia l'interesse rischiare un conflitto mondiale. O se, invece, la decisione di bloccare il transito attraverso la Lituania di materiali fondamentali per le industrie e le attività manifatturiere dell'Oblast di Kaliningrad non punti a creare malcontento e frizioni tra Mosca e il milione di abitanti di un'enclave molto vicina ai livelli di vita europei.

Di certo il blocco, imposto dalla Lituania e giustificato dall'Unione Europea, innervosisce Cremlino. E lo si capisce dalla fretta con cui Nikolai Patrushev, il Segretario del Consiglio di Sicurezza russo considerato l'uomo più vicino a Vladimir Putin, s'è precipitato nell'enclave promettendo «misure appropriate» capaci di generare un «serio e negativo impatto sulla popolazione della Lituania». L'avvertimento ha immediatamente spostato l'attenzione dei vertici Nato sul «corridoio di Suwalki», la striscia semi-deserta disseminata di colline e paludi che scende dal vertice sud-orientale dell'enclave, disegna per 65 chilometri il confine tra Polonia e Lituania e raggiunge la frontiera occidentale della Bielorussia. Un dispiegamento di truppe e carri russi lungo quel corridoio, con il preciso obbiettivo di dividere la Polonia da Lituania, Estonia e Lettonia e congiungere i territori di Kaliningrad con la Bielorussia - è considerata, da decenni, una delle mosse obbligate di Mosca in caso di scontro con la Nato sul quadrante europeo. Una mossa preceduta dal lancio di missili balistici Iskander che - come spiegato da un conduttore della tv russa ai primi di maggio - colpirebbero in soli 120 secondi i quartieri di Berlino e, appena 80 secondi dopo, quelli di Parigi e Londra. Un attacco capace di ridurre in cenere il cuore del Vecchio Continente se gli Iskander fossero armati con testate nucleari. Due mosse più che sufficienti, quindi, a far scattare il famoso Articolo 5 del Trattato Atlantico. Del resto, per capire che Mosca non ha nessuna intenzione di rinunciare al controllo dell'antica Koeninsberg, la capitale della Prussia in cui nacque , visse e morì Emmanuel Kant, non serviva il monito di Patrushev. L'importanza strategica di questo porto sul Baltico, l'unico sulle coste settentrionali della Russia libero dai ghiacci per tutto l'anno, era già chiara a Stalin.

Non a caso nell'aprile del 1945 fece di tutto per conquistarlo, strapparlo alla Germania e ripopolarlo con coloni russi dopo aver costretto gli abitanti tedeschi a scegliere tra fuga e deportazione. Ma per quello stesso porto Russia e Nato rischiano, 87 anni dopo, di combattere una nuova guerra mondiale.

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