Corsa Ue per riaprire i confini. Ma l'Italia finisce nell'angolo

L'obiettivo: via dal 15 giugno per salvare il turismo. Gli accordi bilaterali tra Paesi tagliano fuori il nostro

Corsa Ue per riaprire i confini. Ma l'Italia finisce nell'angolo

«Non sarà un'estate normale per nessuno», dice la vicepresidente della Commissione europea Margrethe Vestager. Ma a giudicare dalle prime avvisaglie, potrebbe essere un'estate nettamente peggiore per l'Italia rispetto ad altri Paesi, la gran parte dei quali prontissimi a riaprire le frontiere al massimo il 15 giugno, dopo aver scaldato i motori fin da questo fine settimana. Blindata da metà marzo, la Germania ha annunciato ieri la fine dei controlli legati all'emergenza coronavirus alla frontiera con il Lussemburgo, già a partire da sabato 16 maggio. Porte aperte, anche al confine con la Danimarca, dalla quale Berlino aspetta solo il via libera, dopo «le consultazioni del governo danese con i Paesi vicini». Ed ecco il diavolo nei dettagli. Le uniche eccezioni saranno Italia e Spagna. Berlino ha già fatto sapere che non modificherà per il momento le regole in vigore per l'ingresso in aereo dal nostro Paese e dalla penisola iberica.

L'obiettivo dichiarato di Germania, Francia, Svizzera e Austria, è tornare alla libera circolazione il 15 giugno, vigilia di inizio estate, sempre che non ci sia un'impennata nei contagi. Merkel lo ha detto chiaramente al Bundestag, le altre cancellerie lo hanno ribadito. Ma intanto sull'Italia si fanno già le prime e significative eccezioni. L'Austria da ieri ha aperto i confini con la Baviera per pendolari, residenti e agricoltori e ha annunciato che «nelle prossime settimane, in maniera graduale, aprirà le frontiere con i Paesi vicini». Eppure il cancelliere Sebastian Kurz ha ribadito fin troppo chiaramente quello che qualche ora prima aveva già detto la sua ministra del Turismo: «Alla luce del numero dei contagi ancora molto elevati, non vi è alcuna prospettiva di aprire presto i confini con l'Italia», ha spiegato il capo del governo austriaco. E lo scenario potrebbe ripetersi con la Svizzera. Il dipartimento di Polizia e giustizia elvetico ha annunciato che dal 15 giugno riaprirà le frontiere con Austria e Germania ma si è guardato bene dal menzionare Italia e Francia.

Ricreare le condizioni del sistema Schengen, eliminare i controlli di emergenza per il coronavirus, è il mezzo indispensabile perché i Paesi europei possano raggiungere il fine ultimo: consentire ai cittadini, dopo il lungo e stressante lockdown, di poter godere delle ferie, ma soprattutto rilanciare l'industria dell'aviazione, del turismo e dei viaggi, ora che le prenotazioni di hotel e ristoranti si sono dimezzate, che le agenzie di viaggi e i tour operator hanno raggiunto un calo dell'85% e le compagnie aeree del 90%, con 6 milioni di posti di lavoro a rischio.

Eppure dai colloqui e dagli accordi che cominciano a delinearsi fra Paesi, l'impressione è che il nostro rischi di essere tagliato fuori dalla ripartenza a cui puntano i Paesi del centro e del Nord Europa. La ragione? Il numero dei contagi ancora alto in Italia e anche la partita dei tamponi e della tracciabilità, che non sembra offrire affidabilità ai partner europei.

Proprio ieri la Commissione europea ha diffuso le sue indicazioni agli Stati membri per consentire ai paesi di revocare «gradualmente» le restrizioni di viaggio e alle imprese del turismo, che rappresentano il 10% del Pil europeo (1400 miliardi), di ripartire dopo quasi tre mesi di stop. «Ripristinare la libera circolazione e abolire le restrizioni alle frontiere interne dell'Ue in modo graduale e coordinato» è ovviamente la priorità. Ma la riapertura, secondo la Commissione, dovrebbe avvenire solo per Paesi che hanno «una situazione epidemiologica comparabile» e in cui «vi sono capacità sufficienti in termini di ospedali, test, sorveglianza e monitoraggio di contatti». Circostanza scivolosa - perché i dati fra Paesi si sono dimostrati fin qui non comparabili - e che, a prima vista, sembra penalizzare proprio Italia e Spagna, le realtà turistiche più colpite dal virus. Le linee guida e l'aggiornamento della mappa europea dei contagi spetteranno all'Agenzia europea per il controllo delle malattie (Ecdc).

Per salvare i destini delle compagnie aeree, la Commissione ha deciso che non raccomanderà di lasciare sedili vuoti a bordo, tra un passeggero e l'altro, ma indicherà solo l'obbligo di mascherina. In caso di voli cancellati, anche se il rimborso resta un diritto, le compagnie potranno proporre ai passeggeri voucher da usare in futuro. Niente passaporto sanitario, come si era ipotizzato.

Via libera, invece, alla interoperabilità transfrontaliera delle app nazionali di tracciamento (il cui uso deve essere volontario), per poter avvisare i cittadini di potenziali infezioni da coronavirus anche quando viaggiano.

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