Una Corte di dubbi. Sentenze politiche e accuse firmate dai legali pro-Ong

È formata da 18 toghe e costa 200 milioni l'anno. Il ruolo di "Front Lex"

Una Corte di dubbi. Sentenze politiche e accuse firmate dai legali pro-Ong
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Sono solo diciotto, ma pretendono di garantire giustizia e rispetto dei diritti umani su tutto il globo. Al costo di oltre 200 milioni di euro l'anno. Di questi tempi però i veri sospettati sono proprio i 18 giudici della costosissima Corte Penale Internazionale dell'Aia.

Da Roma a Washington - passando per Gerusalemme - l'attendibilità della Cpi solleva molti dubbi. Donald Trump è il primo a voler sanzionare una Corte colpevole di aver indagato, durante il suo primo mandato, l'operato dei soldati americani in Afghanistan e di aver poi chiesto la cattura del premier Benjamin Netanyahu e del ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant. Una linea su cui sembra convergere il nostro ministro degli esteri Antonio Tajani quando accenna a «molte riserve sul comportamento della Corte» e invoca «un'inchiesta» per «avere chiarimenti su come si è comportata». Dietro le perplessità di Tajani s'affollano le ombre del caso Almasri. A cominciare dall'anomalo mandato di cattura emesso solo quando il ricercato libico è arrivato nel nostro paese.

Ma partiamo dalle origini. La Cpi nasce simbolicamente nel palazzo romano della Fao. Lì, nell'estate 1998, si svolge la Conferenza che porta 128 paesi a firmare l'atto fondante della Corte ovvero quello Statuto di Roma ispirato dallo sdegno per gli orrori dei Balcani e il genocidio in Ruanda. Uno sdegno che evoca una giustizia sovranazionale modellata sul Processo di Norimberga. Nei decenni successivi diventa evidente, però, quanto l'operato della Corte sia influenzato anche da motivazioni politiche. Esemplare al riguardo il mandato d'arresto contro Netanyahu e Gallant inficiato da un evidente difetto di giurisdizione. Israele, infatti, non ha mai firmato lo Statuto. Lo stesso dicasi per il caso Almasri visto che neppure la Libia - al pari di Russia Cina e Stati Uniti - ha mai aderito alla Cpi.

Per sanare il vuoto giurisdizionale la Corte si aggrappa, nel caso Almasri, alla mozione 1970 del Consiglio di Sicurezza che nel febbraio 2011 le ha delegato le indagini su Muhammar Gheddafi. Si affida, insomma, ad una mozione vecchia di 24 anni - peraltro già usata strumentalmente al fine di deporre il dittatore - per giustificare un'indagine che travalica ogni limite giurisdizionale. Un limite superato ancor più platealmente nel caso di Netanyahu e Gallant. In quel caso l'unico appiglio - contestato non solo da Donald Trump, ma anche dall'amministrazione Biden - è il concetto, caro alla giurisprudenza di sinistra, per cui i crimini contro l'umanità andrebbero perseguiti a livello universale anche in assenza di accordi o trattati. Ideologia e politicizzazione sembrano dunque la matrice di entrambe le sentenze.

Per capirlo basta andare a vedere chi firma gli esposti da cui partono le indagini su Netanyahu e Gallant e quelle contro Almasri. Il 6 dicembre 2024 l'esposto di 170 pagine con le denunce a carico di Netanyahu e Gallant è firmato dall'avvocato franco israeliano Omer Shatz. Lo stesso Shatz che nel 2019 - assieme al collega franco spagnolo Juan Branco - chiese alla Cpi d'indagare i leader europei responsabili del fermo dei migranti e pretende, dopo la liberazione di Almasri, di far inquisire il nostro governo per «ostacolo all'amministrazione della giustizia ai sensi dell'articolo 70 dello Statuto di Roma». Per capire da dove spuntino i due bastano i curriculum. Shatz è il responsabile legale di «Front Lex» un'organizzazione di sinistra che usa il prefisso neutro della schwa nei suoi documenti, accusa l'Ue di crimini contro l'umanità sui migranti e garantisce assistenza legale alle Ong.

Juan Branco è un rampollo della gauche caviar che dopo aver studiato nelle migliori università ha militato in una «France Insoumise» accusata spesso di antisemitismo ed è diventato legale di WikiLeaks e di Julian Assange. Sia nel caso Netanyahu, sia in quello Al Masri l'imparzialità non sembra dunque all'origine degli esposti che hanno messo in moto la Corte.

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