I contagi da variante inglese e sudafricana registrati finora sembrano (ma non sono) casi localizzati. In un asilo di Milano, in una Rsa a Fasano, in istituti scolastici messi in quarantena, in piccoli comuni sparsi per l'Italia. Purtroppo, se c'è una cosa che abbiamo imparato a un anno dall'inizio della pandemia, è che quando si cominciano a contare focolai così frequenti, significa che le varianti sono già più che diffuse. Si tratta solo di tracciarle e contarle.
Non siamo ancora arrivati al livello dei reparti ospedalieri intasati ma a quanto pare l'allarme sta diventando sempre più consistente. Un'altra spia del sommerso dei contagi da variante è il caso di Cortina. L'Istituto zooprofilattico delle Venezie ha confermato che in quattro delle sei persone trovate positive al Covid, nell'ambito dei Mondiali di sci, era presente la variante inglese. La direttrice Antonia Ricci ha confermato che si tratta di persone residenti in Italia e non affatto fresche di viaggi all'estero.
Per capire la reale portata della diffusione delle varianti, dovremo aspettare l'inizio di marzo, quando l'Istituto superiore di sanità renderà noti i risultati dell'indagine in corso sui tamponi. Tuttavia è più probabile che l'effetto varianti si faccia vedere prima con casi reali che con statistiche sulla carta. «Per stimare la diffusione delle tre varianti - si legge nella circolare del ministero della Salute - è stata disegnata un'indagine rapida coordinata dall'Iss in collaborazione con le Regioni e Province autonome ed in particolare con i laboratori da queste ultime identificati». Nella ricerca, il Paese viene diviso in quattro macro aree, da Nord a Sud. La valutazione prenderà in considerazione 1.058 campioni tra quelli notificati il 18 febbraio e aiuterà a comporre una fotografia di quello che ci aspetta nei prossimi mesi. Soprattutto per capire efficacia e limiti dei vaccini in uso. La prima indagine condotta dall'Istituto Superiore di Sanità ha rilevato la presenza della variante inglese in 14 su 16 Regioni, con una prevalenza media del 17,8% (range 0-59%). «In attesa dei risultati della nuova indagine che sarà condotta anche sulle varianti brasiliana e sudafricana - dichiara Nino Cartabellotta, presidente della fondazione Gimbe - invitiamo le istituzioni a rendere pubblici i dati di prevalenza per le singole Regioni. In un momento in cui la campagna vaccinale progredisce a rilento, la maggiore trasmissibilità delle varianti richiede infatti sia di attuare restrizioni tempestive dove necessario, sia di potenziare l'attività di sequenziamento, ancora molto lontana dagli standard fissati dalla Commissione Europea: almeno il 5%, idealmente il 10% dei tamponi molecolari positivi». Cruciale, per fermare l'effetto varianti ed evitare nuove ondate, è il piano scuola. È infatti nelle classi che le mutazioni del virus trovano terreno fertile tra i bambini.
Ieri si è tenuto un primo incontro conoscitivo tra il neo ministro dell'Istruzione, Patrizio Bianchi, e i membri del Cts Agostino Miozzo, Fabio Ciciliano, Franco Locatelli e Alberto Villani. E le decisioni che usciranno dalle riunioni dei prossimi giorni saranno la chiave per il contenimento dei contagi e per scongiurare il rischio Dad. L'idea è quella di prendere decisioni rapide e organizzare riunioni a cadenza periodica. Bisognerà trovare un punto di incontro tra due esigenze: quella di tenere gli istituti scolastici aperti - aspetto a cui tengono molto sia il premier Mario Draghi sia il ministro Bianchi - e quella di stoppare sul nascere i focolai, priorità del Cts.
Ieri in una scuola dell'infanzia nel quartiere Barona di Milano sono stati individuati due casi di variante inglese (tra insegnanti) su 17 positivi. Nel nido dello stesso istituto sono anche stati scoperti due casi di variante brasiliana (un bambino e un'insegnante).
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