A dieci centesimi di aumento del prezzo industriale (al netto di Iva e accise) di gasolio o benzina, dovrebbe corrispondere uno sconto di poco più di due centesimi per litro. Si tratta di una stima ma stando al testo dell'ultimo decreto questo dovrebbe essere il peso della nuova accisa mobile, varata dal governo per mitigare le fiammate dei prezzi alla pompa di benzina. Per la verità, non si tratta di niente di nuovo: non è nient'altro che la versione rivista e aggiornata dell'impianto che varò l'allora ministro dello Sviluppo economico, Pier Luigi Bersani, alla fine del 2007 nel corso dell'ultimo governo Prodi. Il funzionamento della nuova versione è il seguente: se nel bimestre precedente la media del prezzo del petrolio superasse il valore, espresso in euro, contenuto nell'ultimo Def (87,6 dollari al barile per il Brent, poco più di 81 euro), allora si andrebbe ad applicare uno sconto sulle accise proporzionale all'aumento dei prezzi, da coprire con l'extragettito dell'Iva. Di qui il conto: con dieci centesimi di rincaro del costo industriale, il gettito Iva (22%) dovrebbe aumentare di poco più di 2 centesimi. E questo dovrebbe essere lo sconto massimo possibile, se si vuole mantenere il saldo zero per la finanza pubblica. Si dovrà tenere conto però - precisa il decreto - anche di eventuali diminuzioni nel quadrimestre precedente, il che significa che il governo si tiene anche un certo margine di discrezionalità sull'intervento. Era così anche la vecchia norma Bersani, che azionava la rimodulazione delle accise attraverso un decreto del ministero dell'Economia. Un sistema usato la prima volta nel marzo del 2008, quando fruttò 2 centesimi di sconto per circa quaranta giorni su ogni litro di benzina e gasolio e su ogni chilogrammo di Gpl.
«Il nuovo decreto contiene gli stessi errori che già aveva quello di Bersani», è il commento dell'economista Carlo Stagnaro, direttore ricerche e studi dell'Istituto Bruno Leoni. «Perché fa riferimento a un prezzo del petrolio in dollari, quando noi oggi abbiamo un prezzo della materia prima relativamente basso ma un cambio poco favorevole». E poi c'è anche un altro aspetto critico: «Oggi i prezzi del gasolio, in Europa, sono influenzati non solo dalla quotazione del greggio, ma anche dalla bassa capacità di raffinazione. Quindi tutto dipenderà da quanto consumeremo». Da non dimenticare, poi, che dal 5 febbraio scatterà l'embargo ai prodotti raffinati russi: «Noi tutti speriamo che la cosa sortirà effetti minimi come l'embargo del petrolio russo», aggiunge Stagnaro, «ma potrebbero anche essere significativi i riflessi sui prezzi. A mio avviso, il decreto andrebbe ritoccato in fase di conversione agganciandolo non al prezzo del petrolio, ma a quello di benzina e gasolio». Il paradosso è, quindi, che potrebbe verificarsi un calo del prezzo del petrolio, ma la scarsità di prodotti raffinati farebbe comunque salire il prezzo alla pompa dribblando l'accisa mobile così com'è stata pensata.
Rimane, tuttavia, che il prezzo della materia prima, il petrolio, ha un suo peso nella formazione del prezzo. E non sono troppo rassicuranti le previsioni degli analisti che si posizionano nel range tra 90 e oltre 100 dollari al barile per il 2023 (a oggi siamo a 85).
Le sanzioni alla Russia, ma anche la maggiore domanda di petrolio da parte di una Cina senza restrizioni Covid potrebbe far alzare il prezzo dell'oro nero, che i membri dell'Opec+ hanno comunque intenzione di mantenere intorno ai 90 dollari. Per Goldman Sachs, a fronte di una media d'anno di 98 dollari al barile per il Brent, negli ultimi due trimestri le quotazioni potrebbero salire tra 100 e 105 dollari al barile.
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