La ricerca sulle origini del Sars-Cov-2 è in un momento critico e per gli scienziati «si sta rapidamente chiudendo la finestra sulla fattibilità biologica di condurre il tracciamento di persone e animali all'interno e all'esterno della Cina». A sottolinearlo a fine agosto sulla rivista Nature sono gli autori del rapporto dell'Oms su come è emerso il Covid-19 e avvertono che un ulteriore ritardo rende biologicamente difficile un'indagine cruciale. Le sei priorità individuate, per cercare di individuare le origini del virus, stanno man mano venendo meno, poiché gli anticorpi Sars-Cov-2 diminuiscono, quindi «raccogliere ulteriori campioni e testare le persone, che potrebbero essere state esposte prima di dicembre 2019, produrrà dati sempre minori»; indagare sui siti di allevamenti selvatici è complicato, perché molti sono chiusi, tanti animali abbattuti, «rendendo sempre più difficile trovare qualsiasi prova di ricaduta precoce del coronavirus». Difficoltoso è anche «valutare i pipistrelli selvatici e altri potenziali bacini idrici o ospiti intermedi in Cina e nei paesi vicini e selezionare animali d'allevamento ad alto rischio». Restano i dubbi sull'origine in laboratorio, tanto che nei giorni scorsi 16 scienziati hanno chiesto un dibattito aperto su Lancet, sottolineando come «alcune caratteristiche insolite della sequenza del genoma» suggeriscono che il virus «potrebbe derivare dall'ingegneria genetica». Mentre altri studiosi scrivono su Nature che «i rappresentanti degli Stati membri dovrebbero negoziare termini dettagliati sulla questione delicata delle indagini sulle pratiche di laboratorio. Invitiamo la comunità scientifica e i leader dei paesi a unire le forze per accelerare gli studi, finché siamo ancora in tempo».
Alcune settimane fa sulla rivista Cell 21 esperti di Università Usa, australiane, europee e della Xi'an Jiaotong-Liverpool University in Cina hanno pubblicato una revisione di varie ricerche, sottolineando che «al momento non ci sono prove che Sars-Cov-2 abbia un'origine di laboratorio, né che l'Istituto possedesse o lavorasse su un progenitore del virus prima della pandemia». Il tutto sarebbe legato alla coincidenza di avere in città un laboratorio che studia coronavirus e che «gli agenti patogeni spesso richiedono aree densamente popolate per stabilirsi».
A confermare questa linea di indagine è anche un articolo appena pubblicato su Nature: il salto di specie (spillover) del virus Sars-Cov-2 dagli animali all'uomo potrebbe essere avvenuto in due situazioni indipendenti. L'ipotesi arriva dall'Università della California a San Diego, che ha valutato 1.716 genomi del virus e raccolti tra la fine 2019 e il febbraio 2020. Negli archivi è possibile osservare la presenza, sin dalle prime settimane dalla scoperta del virus, di due distinte varianti, note come A e B, che hanno una serie di nette differenze genetiche.
Quindi «è molto più probabile che la pandemia abbia avuto origine nel commercio di animali selvatici». Per raccogliere ulteriori prove, gli studiosi prevedono di eseguire simulazioni al computer e testare in che modo uno spillover multiplo potrebbe combaciare con la diversità dei genomi virali noti.
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