Donald Trump finisce sotto un fuoco incrociato di critiche per la decisione di imporre sanzioni alla Corte penale internazionale (Cpi) a causa delle inchieste «illegittime e infondate» che hanno preso di mira gli Stati Uniti e Israele. Il presidente americano ha firmato un decreto esecutivo in cui ordina il congelamento dei beni e il divieto di viaggio per funzionari, dipendenti e familiari della corte dell'Aia, insieme a chiunque si ritenga abbia aiutato le sue indagini. L'organismo giudiziario replica promettendo di continuare a fornire «giustizia e speranza» in tutto il mondo, «condannando» la mossa del tycoon volta «a imporre sanzioni ai propri funzionari e a danneggiare il loro lavoro giudiziario indipendente e imparziale». Ordine che le Nazioni Unite e l'Unione Europea esortano a revocare.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu, invece, ringrazia l'alleato per la sua «coraggiosa» decisione, che «difenderà gli Usa e Israele da un tribunale corrotto, antiamericano e antisemita, che non ha alcuna giurisdizione o base per impegnarsi in azioni legali contro di noi». «La Corte penale internazionale ha condotto una campagna spietata contro Israele come prova per un'azione contro gli Usa. L'ordine esecutivo di Trump protegge la sovranità di entrambi i Paesi e i suoi coraggiosi soldati. Grazie, presidente», prosegue Netanyahu.
L'Onu, invece, tramite l'Ufficio per i diritti umani chiede agli Stati Uniti di «revocare» le misure restrittive, e al Palazzo di Vetro di New York un portavoce sottolinea che «la legge penale internazionale è un elemento essenziale per combattere l'impunità, che è purtroppo diffusa nel mondo odierno. La Corte dell'Aia è il suo elemento essenziale e deve essere autorizzata a lavorare in piena indipendenza». Anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen fa scudo alla Cpi, affermando che «garantisce la responsabilità per i crimini internazionali e dà voce alle vittime in tutto il mondo. Deve poter perseguire liberamente la lotta contro l'impunità globale. L'Europa sarà sempre a favore della giustizia e del rispetto del diritto internazionale». E 79 paesi membri dell'organismo in una dichiarazione congiunta sottolineano che le sanzioni degli Usa aumentano il rischio di «impunità per i crimini più gravi e minacciano di erodere lo stato di diritto internazionale», oltre a «compromettere gravemente tutte le situazioni attualmente sotto inchiesta, poiché la Corte potrebbe dover chiudere i suoi uffici sul campo».
Tra i Paesi firmatari, che costituiscono circa due terzi di quelli che hanno ratificato lo statuto di Roma sulla Cpi, non c'è l'Italia (e tra i membri del G7 neppure il Giappone), ma - oltre a Gran Bretagna e Canada - ci sono quasi tutti i membri dell'Ue, a partire dai big come Francia, Germania e Spagna. E ancora Belgio, Grecia, Irlanda, Paesi Bassi, Svezia, Bulgaria, Danimarca, Finlandia, Polonia, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Lussemburgo, Estonia, Cipro, Lettonia, Croazia, Austria e Malta.
Mancano invece, oltre all'Italia, Repubblica Ceca e Ungheria, con il premier Viktor Orbán che sottolinea: «È tempo che l'Ungheria riveda cosa stiamo facendo in un'organizzazione internazionale che è sottoposta a sanzioni statunitensi. Stanno soffiando nuovi venti nella politica internazionale - prosegue - Lo chiamiamo il Trump-tornado».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.