«È troppo forte per restare», si diceva allo Stadio Zini di Cremona, dopo l'ennesimo dribbling di Gianluca Vialli. Alla fine della stagione 1983-1984, la Cremonese, allenata da Emiliano Mondonico e trascinata da Gianluca Vialli, tornava, dopo decenni, in Serie A. Là, sulla fascia, il giovane Vialli aveva fatto impazzire le difese del campionato cadetto. Era agile, veloce, tutto serpentine, e con un bel tiro. Chiuse il torneo con il record di presenze e dieci gol decisivi. I suoi tifosi si rendevano conto che Vialli sarebbe andato via presto, in cerca di palcoscenici più importanti. Per Domenico Luzzara, il mitico presidente, era come un figlio. Ma servivano i soldi per affrontare la Serie A, e la cessione di Vialli, la gemma della squadra, era dolorosamente necessaria. Finirà alla Sampdoria, in cambio di Alviero Chiorri che, come Gianluca, entrerà nei cuori della curva Sud. Vialli, figlio di una famiglia facoltosa e conosciuta, aveva iniziato nel Pizzighettone, squadra di cui era rimasto tifoso, e quasi per caso, quando più o meno era ancora un bambino, era arrivato alla Cremonese. La trafila fu inesistente, finì dritto in prima squadra. La leggenda vuole che Gianluca non fosse il Vialli più forte, superato in questo almeno da un fratello (c'è chi dice due). Tipica ironia della provincia sorniona. Era un modo bonario di scherzare su un giocatore arrivato al successo così presto: che non si montasse la testa...
Non era difficile incontrare Vialli, spesso in Vespa. Bazzicava il Bar Rio, vicino al Duomo, aveva una splendida fidanzata, ed era gentile con chiunque si avvicinasse. Il destino ha voluto che Gianluca abbia segnato i suoi gol più belli alla Cremonese, quando giocava nella Juventus. Due rovesciate clamorose, una all'andata e l'altra al ritorno. Giustamente esultò, e parecchio, cosa che non piacque a una parte della sua vecchia tifoseria. Ma i veri tifosi hanno sempre seguito la carriera di Vialli e di tutti gli ex grigiorossi. Verso di lui, però, i veri tifosi avevano un'attenzione in più, perché era nato sotto il Torrazzo. Gianluca ha reso orgogliosi i cremonesi molte volte. Da calciatore, ma non solo. Ha alzato molte coppe, vinto scudetti, divertito ed esaltato gli inglesi, nel periodo al Chelsea. A Cremona, tutti ricordano, come testimonianza del valore dell'uomo, quando, dopo i successi come calciatore, tornò a prendere la maturità da geometra come avrebbe voluto, anzi: preteso, il «suo» presidente Luzzara, se Gianluca non fosse esplose così presto. Ai vittoriosi europei 2021 era capo delegazione, andava in panchina e si accendeva a ogni gol dell'Italia, anche se il vero protagonista era il suo amico di sempre, l'allenatore Roberto Mancini. Vialli non era un invidioso, la sua gioia era sincera. Ha lottato come un leone contro il cancro, con trasparenza e pudore. È stato un esempio, e un tempo è stato anche l'ala della Cremonese. Dopo la vittoria agli Europei, ha pubblicato un selfie dove scriveva che era «il tempo dei ringraziamenti», a colpo d'occhio alle sue spalle si vedeva il santuario di Grumello, vicino a Cremona, a un passo da casa sua. È stato un campione in campo e divenne un campione anche fuori dal campo.
Di recente, aveva fatto ritorno al suo stadio, lo Zini di Cremona, con una certa frequenza. Si accomodava in tribuna d'onore, applaudito dai presenti. Era un eroe ferito che tornava a casa, tra la sua gente, forse per sentire l'affetto intorno a sé. Sì, c'è da essere orgogliosi di lui.
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