Non c'è nessun «accordo già concluso o contratto già firmato» con SpaceX e Elon Musk, assicura il ministro della Difesa Guido Crosetto in Parlamento.
Ma un miglioramento delle capacità di telecomunicazione della Difesa italiana è necessario, il progetto satellitare dell'Unione europea Iris2 non sarà operativo «prima del 2030» e quindi «altre soluzioni» andranno nel frattempo valutate. E la gigantesca infrastruttura satellitare del tycoon statunitense, SpaceX, «che conta oltre 6.700 satelliti in orbita bassa e una previsione di 42mila», è oggi «un operatore che riunisce i requisiti e le capacità necessarie per garantire quei servizi».
Il titolare della Difesa interviene alla Camera, rispondendo durante il question time all'interrogazione del leader di Avs Nicola Fratoianni. E spiega perché il nostro paese «è interessato, forse obbligato» a prendere in considerazione anche l'opzione SpaceX. Musk o non Musk. Oggi, spiega il ministro, le nostre forze armate operano «anche a grande distanza dall'Italia, dall'Africa all'indo-pacifico al Medio oriente, e non sempre in presenza di servizi o infrastrutture adeguati», mentre le loro attività richiedono «comunicazioni affidabili e continue». In Italia questi servizi vengono erogati «grazie a sistemi in orbita geostazionaria (Sicral), che sono affidabili ma offrono copertura geografica e banda limitate». Crosetto spiega che è in corso uno studio dell'Autorità spaziale italiana per valutare le possibili soluzioni, e che nulla esclude che l'Italia «possa utilizzare apparati e tecnologie proprietarie a ulteriore tutela degli interessi nazionali». Se poi il governo dovesse optare per soluzioni commerciali, assicura, «la Difesa attiverà un tavolo tecnico dedicato».
Per le opposizioni la risposta di Crosetto è insufficiente: «In materia di infrastrutture strategiche, sicurezza nazionale difesa - protesta Fratoianni - l'affidamento di uno Stato sovrano e sottoposto al controllo democratico a un monopolista privato, chiunque esso sia, e un gigantesco problema politico». Mentre la capogruppo del Pd Chiara Braga torna a chiedere che Giorgia Meloni «venga in Parlamento a dirci esattamente quali sono i termini del negoziato, il costo di questa operazione e quale interesse viene spartito tra l'uomo piu ricco del mondo e il nostro Paese».
La presidente del Consiglio però «non intende partecipare in Parlamento a discussioni su questo tema», annuncia il ministro per i Rapporti col Parlamento Luca Ciriani: «È una polemica costruita a tavolino», Meloni «ha già dichiarato ufficialmente nei giorni scorsi che non c'è nessun contratto con Starlink, che non è stato questo l'oggetto di discussione tra lei e il Presidente degli Stati Uniti Trump e quindi non c'è nulla da riferire in Parlamento».
La premier «non scappa dal Parlamento» come accusano le opposizioni, che nella Conferenza dei capigruppo di ieri pomeriggio sono tornate a chiedere un'informativa parlamentare sul tema. «Semplicemente non c'è nulla da riferire», dice Ciriani. Tocca ai ministri competenti, come Crosetto ieri e Urso nei prossimi giorni, di affrontare il tema in aula. Ma «non c'è nessuna questione Starlink o Musk».
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